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Il momento è arrivato, «Frieze Seoul is now open!». Dopo il lancio di successo del 2022, l’avamposto coreano del colosso Frieze torna al COEX dal 6 al 9 settembre 2023, ancora una volta sotto la direzione di Patrick Lee. E con uno schieramento di prim’ordine, a partire dalle patinatissime blue-chip: Gagosian, Hauser & Wirth, David Zwirner, poi ancora Lehmann Maupin, Lisson Gallery, Thaddaeus Ropac, in ottima compagnia con realtà asiatiche come Take Ninagawa, Gallery Vacancy, Bank e Gallery Baton (ve le anticipavamo qui). Nomi internazionali e locali insieme, per un approccio sempre più glocal, al passo col trend. Ed eccoci: sono oltre 120, in totale, le gallerie che hanno inaugurato oggi l’attesissima Main Section. Inclusa una sezione speciale dedicata a Frieze Masters, con opere d’arte di tutte le epoche che offrono «una prospettiva contemporanea unica su migliaia di anni di storia dell’arte». Tutte concentrate sotto lo stesso cielo sudcoreano.
Sguardo ad alcune proposte della fiera – colossi ed emergenti, senza distinzioni. C’è David Zwirner, si diceva, tra i protagonisti altisonanti del COEX, la sua mostra collettiva include le opere di Katherine Bernhardt, Mamma Andersson e Yayoi Kusama. Pace Gallery – che proprio ieri ha annunciato una nuova apertura a Tokyo, lo sguardo ancora fisso a Oriente – punta i riflettori su Lawrence Weiner, in mostra con i lavori di Lee Kun-Yong, Yoshitomo Nara e Robert Nava. E c’è anche White Cube, che a giugno annunciava l’apertura di una nuova sede proprio nella capitale sudcoreana – anticipata negli ultimi anni da König Galerie, Thaddaeus Ropac, Gladstone Gallery e Perrotin. Il polo d’attrazione comune: un mercato dell’arte, quello coreano, valutato a circa 400 miliardi di KRW (won coreani) dal 2018 al 2020, ma quasi raddoppiato a circa 922,3 miliardi di won nel 2021 (Korea Art Market 2022 alla mano). Giusto per rendere l’idea.
Le gallerie nostrane? Presenti. Troviamo Cardi Gallery e Mazzoleni tra i protagonisti con sede in Italia, quest’ultima con un focus su Nunzio, Salvo e Bonalumi (alcune vendite sono state subito concluse, a partire da Salvo, range USD 50.000-100.000»). Poi ancora MASSIMODECARLO, dove le opere dell’artista coreana Yeesookyung sono in dialogo con il maestro dell’astrazione Giorgio Griffa – oltre al muscolare roster di nomi legati alla maison, da Maurizio Cattelan a Yan Pei-Ming. «L’evento di quest’anno», rivela a exibart la galleria, «promette di essere veramente internazionale, attirando visitatori da tutto il mondo». E aggiunge: «La nostra presenza in Corea ha un significato profondo per MASSIMODECARLO, in quanto funge da collegamento essenziale sia con i nostri collezionisti che con le istituzioni locali. Rafforza i nostri legami istituzionali e il nostro impegno a sostenere il mercato locale». Il risultato? «Uno stand curato che esemplifica magnificamente i legami tra Italia e Corea».
Proseguiamo. A proposito di “approccio local”, è subito tangibile l’enfasi sugli artisti coreani grazie a Focus Asia, la sezione delle giovani gallerie con sede nel continente asiatico. Già sdoganata, a dirla tutta, dalla celebrity culture e dal suo collezionismo mainstream, tutto affidato ai famigerati Millennials e alla giovanissima Gen Z. Qualche nome in evidenza, tra i corridoi del COEX: senz’altro Cylinder, che espone la nuova serie di opere di Sinae Yoo, Post Truth, il filo rosso è la costruzione e la manipolazione del vero e del falso nella società contemporanea. Woo Hannah – che quest’anno ha ricevuto il Frieze Artist Award inaugurale a Seoul, sostenuto da Bulgari – presenta alla G Gallery installazioni in tessuto con il motivo centrale di una mitica divinità femminile, a partire da quella The Great Ballroom drappeggiata che campeggia appesa al soffitto, rievocando la forma del seno. Della stessa sezione anche Yutaka Kikutake, con le opere site-specific di Yuko Mohri (colpisce Decomposition, che traduce in un’insolita armonia la putrefazione della frutta). Mentre una serie di dittici di Prae Pupityastaporn occupa lo stand di Nova Contemporary, per una visione onirica del tempo e della fragilità della memoria.
Ci spostiamo a Frieze Masters, con i suoi lotti eterogenei che attraversano svariati secoli di storia. È il caso dello stand di Peter Harrington, un vero e proprio viaggio temporale attraverso libri rari che ripercorrono l’evoluzione della cultura, dai manoscritti fino al XX secolo. Da Stephen Ongpin Fine Art è invece la carta a fare da filo conduttore, tra i lavori dei giganti Cézanne, Freud, Matisse, Mitchell e Renoir. Fuori dagli stand, una sfilza di iniziative tra panel e talk, senza dimenticare Frieze Film (It was the way of walking through narrative, il titolo dell’edizione 2023), con una pianificazione di opere video sparpagliate in quattro spazi della città.
Si aprono le danze, è Seoul a sondare il termometro del mercato. E passa subito la palla a New York, con l’inizio imminente del The Armory Show.