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Il lento declino del mercato dell’arte di Londra e i nuovi scenari continentali
Mercato
Quest’anno Masterpiece non ci sarà. L’annuncio è stato dato dall’azionista di maggioranza, lo svizzero MCH Group, che ha citato come concause il drastico aumento dei costi e la diminuzione nel numero degli espositori internazionali. La fine − almeno per ora − del prestigioso evento è il sintomo più recente del malessere che, dal referendum del 2016, ha caratterizzato il mercato dell’arte britannico. Quale futuro lo attende? Quali sono i nuovi scenari continentali? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Lorenzetti, Gallery Director presso la Pontone Gallery di Londra che ha scritto di arte e mercati d’arte per Il Sole 24 Ore (ArtEconomy 24), The Market, Art of England e ArtTactic.
Le cifre pubblicate negli Art Market Reports di Art Basel/UBS parlano di una piazza forte, in lotta con la Cina per il secondo posto a livello mondiale, dietro agli USA. Le cifre assolute − in parte distorte da risultati d’asta stratosferici − dipingono una situazione diversa da quella che si avverte sul campo.
Alla fine del 2020 mercanti e collezionisti si sono affrettati a spostare le loro opere all’interno dell’EUCU così da evitare d’incorrere in dazi e gravose procedure fiscali; mentre numerose gallerie europee, che nel decennio precedente avevano aperto avamposti sul Tamigi, hanno chiuso i battenti o drasticamente ridotto i loro spazi, dirottando i propri investimenti su altri mercati.
Contrariamente a quello che le istituzioni si ostinano a ripetere la Gran Bretagna non sembra essere open for business: lo rivelano le pratiche doganali aumentate in maniera esponenziale − unitamente ai costi di gestione − e la chiusura del VAT Refund Scheme che permetteva ai visitatori stranieri di richiedere il rimborso dell’IVA sui propri acquisti.
Parigi, che gode di un’ottima infrastruttura e di un ecosistema di gallerie di alto livello, ha saputo avvantaggiarsi della congiuntura, grazie anche all’aiuto del governo francese. In questo contesto, in cui i “vincitori” della Brexit sembrano essere i vicini europei, l’Italia potrebbe certamente attirare parte del flusso in uscita dal Regno Unito. La sfida è però delle istituzioni che dovrebbero semplificare le pratiche d’esportazione e ridurre al 5% l’aliquota dell’IVA d’importazione per le opere di provenienza extra UE.