Categorie: Mercato

Il segreto del successo del dopoguerra italiano

di - 17 Marzo 2015
Cosa hanno in comune le grandi fiere che hanno tenuto occupati tutti gli art addicted del mondo negli ultimi mesi? In tutti i casi, come capita ormai da qualche tempo, l’offerta di opere d’arte italiana del dopoguerra ha superato la media degli ultimi anni. Cosa accaduta spesso anche nelle aste del contemporaneo a Londra e a New York.
Moltissimi pezzi dei più noti italiani, dalla qualità museale, hanno invaso gli stand dell’Armory, del Tefaf e di Art Basel Hong Kong. Arte Maggiore, Mazzoleni, Tornabuoni e Robilant + Voena, tutti i galleristi pronti a sfoderare i tesori dai loro caveau, come i pezzi degli anni Sessanta e Settanta di Fontana, Burri, Castellani, Manzoni, Bonalumi, Scheggi e Dadamaino.
Se fino a dieci anni fa questi artisti erano collezionati soprattutto da italiani, ora la situazione si è ribaltata, con solo il 20 per cento di collezionisti che comprano local e il restante 80 per cento che proviene dal resto del mondo, ed investe negli artisti di casa nostra. Ma perché proprio ora c’è questa generosa offerta di arte del dopoguerra e perché nonostante tutto i prezzi negli ultimi cinque anni sono raddoppiati?
Come al solito le leggi italiane ci vengono in aiuto, già perché proprio una disposizione che fa parte della legislazione sui beni culturali del 1939 sull’esportazione delle opere. Tutte le creazioni realizzate più di 50 anni fa da un artista ormai deceduto necessitano di una licenza di esportazione, una legge che vuole tutelare il patrimonio. Tutti i collezionisti e galleristi in possesso di un pezzo degli anni Sessanta stanno cercando di anticipare i tempi, e vendere, prima che questa legge diventi effettiva, e che esportare la propria opera diventi un problema burocratico. Tutto ciò però sta portando alla fuoriuscita dai confini nazionali della maggior parte dei capolavori dell’arte realizzati intorno al 1965, verso il Sud America e l’oriente. Per la gioia di galleristi ed investitori. (Roberta Pucci)

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  • Quel che dice è vero, ma è una parte di verità.
    Spesso chi compra all'estero sono italiani, con denari già depositati oltreconfine (...) e che fanno poi rientrare l'opera in Italia o di straforo o tra le pieghe dei regolamenti doganali su import e export. E quindi le opere di artisti italiani sono ancora apprezzate perlopiù da connazionali

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