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Mercato dell’arte ed e-commerce: le opportunità

Ospitiamo una riflessione di Alessandra Donati, Filippo Federici e Matilde Maffeis, del Team Arte Studio Nctm, sulle opportunità rappresentate dall’e-commerce e dai canali di vendita a distanza, per il mercato dell’arte.

Il mercato dell’arte e i canali di vendita a distanza

L’emergenza Covid-19 ha inevitabilmente inciso in maniera significativa anche sull’attività delle case d’asta, obbligando la “chiusura” degli uffici e la conseguente cancellazione delle vendite in sede organizzate per le sessioni primaverili. La criticità dello scenario nazionale ha reso incompatibile con le esigenze di contenimento del virus il contatto con il pubblico, rendendo necessario rimodulare – e non solo nel breve periodo – le modalità di interazione con la propria clientela a favore di canali di vendita a distanza.

In generale, il mercato sembra resistere riscontrando anche buoni risultati sia sul piano internazionale –  come nel caso della vendita online battuta da Sotheby’s di un bracciale Cartier “Tutti Frutti” per oltre US$ 1,3 milioni – sia nazionale, con l’ultima asta di fotografia organizzata da Finarte che non solo ha sfiorato i 400.000 euro di fatturato, ma ha persino visto crescere, e non di poco, la partecipazione di acquirenti stranieri rispetto all’asta autunnale. Un segnale incoraggiante per gli operatori di mercato che avevano ravvisato il forte potenziale derivante dal ricorso all’online e, più in generale, ai metodi di vendita a distanza nell’affrontare le difficoltà emerse con il lockdown. Trend confermato, sempre sul piano nazionale, in occasione dell’asta di multipli sempre di Finarte. Il lockdown forse ha dimostrato che il processo di digitalizzazione di parte dell’attività commerciale degli operatori del mercato dell’arte e, in generale, di commercializzazione a distanza, costituisce una strategia potenzialmente utile a colmare le attuali restrizioni.

Il ricorso ai canali di vendita a distanza – primo fra tutti l’e-commerce – presenta notevoli vantaggi circa (i) la possibilità di vendere o acquistare opere in qualunque momento, (ii) la riduzione dei costi di organizzazione di mostre ed esposizioni, (iii) la maggiore facilità di incontro tra domanda e offerta – elementi che permettono, sia a collezionisti che a semplici estimatori, di sopperire alla momentanea impossibilità di accesso diretto e materiale alle opere d’arte.

Nonostante il crescente interesse e gli evidenti vantaggi della contrattazione online, persistono tuttavia alcuni limiti: tra di essi, come facilmente intuibile, sicuramente l’impossibilità di verificare dal vivo gli acquisti “a distanza” assume particolare rilevanza nel mercato dell’arte più che in altri settori.

Squilibrio contrattuale nei contratti a distanza e rimedi giuridici

Quando i potenziali acquirenti presentano la qualifica di “consumatori” e il venditore la qualifica di “professionista” (rapporto cd. business-to-consumer o “B2C”), le eventuali carenze informative trovano rimedio nelle norme contenute nel Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (“Codice del Consumo”) che, agli articoli da 49 a 59, detta disposizioni imperative rivolte ai “contratti a distanza”, le quali includono anche significative sanzioni amministrative.

Con la definizione di “contratti a distanza” il Codice del Consumo ricomprende modalità di conclusione del contratto il cui perfezionamento avviene interamente in mancanza della presenza fisica e simultanea delle parti contraenti. Il tramite esclusivo di tecniche di comunicazione a distanza ha, infatti, l’effetto di privare il consumatore del rapporto diretto con il bene oggetto del contratto, con conseguenti gap percettivi che incidono negativamente sulla prestazione di un consenso libero e consapevole. Quanto alle tecniche di comunicazione a distanza, non rilevano né la struttura della relazione comunicativa né la determinabilità dei destinatari della comunicazione; vi rientrano, quindi, le comunicazioni telefoniche, tramite e-mail, telefono e web, tutti canali di vendita frequentemente utilizzati da case d‘asta.

Può dunque la disciplina dei contratti a distanza essere applicata all’acquisto delle opere d’arte (anche in asta)? La definizione di consumatore dettata dal Codice del Consumo porta a ritenere inclusi solo ed unicamente gli acquirenti di opere d’arte che non ne facciano una professione o comunque un’attività imprenditoriale. Dunque, gran parte degli operatori del settore dell’arte (quali gallerie e musei, in primis) non ne sono ricompresi. Sono inoltre sottratti alla definizione in esame non solo i soggetti che acquistino un’opera d’arte ai fini di (ri)vendita della stessa, bensì anche professionisti e imprenditori i quali – benché la loro attività non consista nella rivendita delle opere d’arte – acquistino l’opera per ragioni comunque collegate alla propria attività (ad esempio per impreziosire i locali dei propri uffici).

Limitatamente al commercio elettronico, l’impossibilità di ricondurre alla nozione di consumatore molti operatori del mercato dell’arte, è, in parte, contemperata dalle tutele previste dal Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70 in materia di e-commerce (“Decreto 70/2003”), al quale il Codice del Consumo stesso rinvia per gli aspetti non disciplinati dallo stesso.

Lo stesso codice civile offre, in realtà, già alcuni strumenti atti a tutelare soggetti che si trovano in una posizione contrattuale di “svantaggio”, quali – come detto – i soggetti che si trovano a concludere contratti a distanza, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei contraenti; ne è esempio la disciplina delle clausole vessatorie di cui agli articoli 1341 e 1342 del codice civile. Vale tuttavia la pena approfondire alcuni dei principali aspetti da tenere specificamente in caso di compravendita a distanza di opere d’arte.

Obblighi informativi precontrattuali: caratteristiche del bene, garanzia di conformità, prezzo del bene e diritto di recesso

L’art. 49 del Codice del Consumo prevede un elenco di aspetti oggetto di specifica comunicazione al consumatore prima della conclusione del contratto a distanza. Tali informazioni formano parte integrante del contratto e non possono essere modificate se non mediante accordo espresso dalle parti. In particolare, il professionista deve fornire, prima della conclusione del contratto, le informazioni relative: (i) all’oggetto offerto, in termini di caratteristiche essenziali del bene, modalità di pagamento e di consegna; (ii) all’esistenza della garanzia legale di conformità di cui agli artt. 128 e seguenti del Codice del Consumo; (iii) al prezzo del bene e alle eventuali spese; (iv) al diritto di recesso e alla sua eventuale esclusione.

Si può facilmente intuire che le descrizioni contenute in cataloghi, i condition report, le condizioni generali e, in generale, in qualsiasi dichiarazione rivolta al consumatore stesso o indistintamente al pubblico dei potenziali acquirenti dovranno essere il più possibile chiare, precise e dettagliate, in quanto idonee a ingenerare, in capo al consumatore, un affidamento sulle caratteristiche del bene in virtù del quale verrà valutata la responsabilità per difetto di conformità ai sensi degli articoli che precedono. L’obbligo di fornire un’informativa in merito alle caratteristiche essenziali del bene di cui al punto (i) assume particolare rilevanza nell’ambito dei beni artistici proprio alla luce della garanzia di conformità di cui agli articoli 128 e ss., in ragione del fatto che, ai sensi degli stessi, grava in capo al professionista un obbligo di consegnare beni “conformi al contratto”. A tal fine la legge prevede anche dei criteri presuntivi, all’articolo 129, tra cui:

  • la conformità alla descrizione fatta dal venditore, da intendersi come qualsivoglia dichiarazione afferente alle qualità del bene rivolta al consumatore dal venditore o da chi agisce in suo nome e/o per suo conto (come tipicamente le case d’asta), in forma scritta o orale; e
  • la presenza delle qualità che il consumatore possa ragionevolmente aspettarsi tenuto conto della natura e delle dichiarazioni pubbliche del venditore o di chi agisce in suo nome e/o per suo conto.

La garanzia di conformità di cui al punto (ii) deve intendersi come un’informativa che, in maniera chiara e comprensibile, chiarisca i contenuti essenziali dei diritti riconosciuti al consumatore in materia di garanzia di conformità. Ciò vale anche per i beni usati, in quanto il legislatore, agli art. 128 e ss., non ha esercitato la possibilità – prevista dall’articolo 1, comma 3, della direttiva 1999/44/CE – di escludere gli stessi dall’ambito dei “beni di consumo”.

Per quanto concerne il punto (iii), il prezzo dei beni deve essere comprensivo delle imposte (prima fra tutte l’IVA) e delle spese e dei costi aggiuntivi; qualora tali spese non possano essere ragionevolmente calcolate in anticipo, si dovrà indicare che saranno addebitate al consumatore. Infine, per quanto riguarda l’obbligo informativo di cui al punto (iv), il professionista è tenuto a informare il cliente circa il diritto di recesso di cui all’articolo 52 del Codice del Consumo a meno che esso non sia previsto ai sensi di legge (come nel caso delle aste pubbliche sotto descritte).

Obblighi informativi previsti in materia di e-commerce

Come anticipato, il Decreto 70/2003 si rivolge al commercio elettronico.

Innanzitutto, occorre chiarire che non costituiscono “e-commerce” le mere “vetrine” online, intese come spazi espositivi virtuali attraverso i quali le case d’aste presentano le proprie opere. Molte case d’asta – oltre ad avvalersi di piattaforme e-commerce terze come Artsy, Artspace e Invaluable – ormai da tempo hanno implementato dei propri portali e-commerce per gestire direttamente gli acquisti.

Il Decreto 70/2003 impone a carico del prestatore di servizi una serie di stringenti obblighi informativi suddivisibili in due categorie: (i) le informazioni generali obbligatorie; e (ii) le informazioni dirette alla conclusione del contratto. Gli obblighi informativi in questione, più che concernere le qualità e le caratteristiche del bene o del servizio, afferiscono all’affidabilità del fornitore, questione di rilevanza cruciale nell’ambito del commercio sul web.

Diritto di recesso; l’esclusione delle aste pubbliche, ma non se tutte online

Lo strumento di tutela con maggior impatto concesso al consumatore in caso di conclusione di contratti con il professionista a distanza o fuori dai locali commerciali è sicuramente il diritto di recesso: ai sensi dell’articolo 52 del Codice del Consumo il consumatore dispone infatti di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi (diversi da quelli previsti all’articolo 56, comma 2, e all’articolo 57). Tuttavia, l’articolo 59 del Codice del Consumo prevede una serie di esclusioni dal diritto di recesso nei contratti a distanza, tra le quali rientrano i contratti conclusi in occasione di un’asta pubblica. La ratio di tale esclusione risiede nel fatto che, in generale, le modalità di partecipazione all’asta escludono “l’effetto sorpresa”, l’impreparazione e la scarsa ponderazione delle decisioni.

Quanto precede vale a condizione che l’asta sia aperta al pubblico nella sua generalità e organizzata in modo da consentire la partecipazione fisica dei potenziali acquirenti, indipendentemente dal fatto che, poi, l’aggiudicazione avvenga tramite l’utilizzo di mezzi di comunicazione a distanza. Finché, quindi, le aste sono tenute fisicamente e anche con modalità a distanza non troverebbe applicazione il diritto di recesso ai sensi del combinato degli artt. 59, comma 1, e 45, comma 1, lettera (o), del Codice del Consumo. Rimangono, invece, escluse le aste tenute esclusivamente a distanza, comprese le aste online.

Altre normative da tenere in considerazione in caso di vendita a distanza: GDPR – Legge sul diritto d’autore

Il ricorso a canali di vendita a distanza e online determina, inevitabilmente, il trattamento di dati personali identificativi dei potenziali acquirenti e, conseguentemente, la qualifica in capo alle società di gestione delle case d’asta di “titolare del trattamento”, ovvero soggetto che stabilisce le finalità e le modalità di trattamento dei dati. Da tale qualifica deriva un novero di obblighi, anche in fase precontrattuale, primo fra tutti quello di fornire agli interessati, in modo facilmente accessibile, tutte le informazioni su come vengono trattati i dati personali, con un linguaggio semplice, chiaro e comprensibile.

Non solo, anche in considerazione di quanto illustrato relativamente alla responsabilità per la conformità del bene al paragrafo che precede, al fine di consentire una più corretta e puntuale informazione dei potenziali acquirenti in merito alle caratteristiche delle opere e al loro status di conservazione è indispensabile – il più delle volte – descrivere le opere anche attraverso la loro raffigurazione fotografica. Tale aspetto impone il rispetto delle prescrizioni di cui Legge n. 633/1941 (cd “Legge sul diritto d’autore”).

Quando precede vale a esempio di come il ricorso a canali di vendita a distanza soggiace a uno svariato catalogo di tutele normative da tenere nella debita considerazione da parte degli operatori.

Commercio Internazionale

Come dimostrano i dati afferenti alle recenti aste, il ricorso a modalità di commercializzazione dei beni artistici online agevola le interazioni con clienti stranieri, valorizzando appieno la tendenza internazionale insita del mercato dell’arte. Le vendite internazionali, tuttavia, implicano problematiche connesse all’operatività di normative estere che, nella maggior parte dei casi, includono specifiche tutele per i soggetti consumatori. Posto che, in via prudenziale, occorre avvalersi di consulenti legali al fine di identificare con certezza la normativa di volta in volta applicabile, le parti possono gestire tali profili di internazionalità già in sede contrattuale, di modo da mitigare incertezze nei propri rapporti giuridici.

La soluzione più efficiente, in particolare, consiste nella predeterminazione della legge applicabile al contratto. In questo senso, naturalmente, la scelta più agevole e, spesso, più tutelante per la casa d’asta consiste nell’optare per la legge applicabile nel luogo in cui è collocata la propria sede legale e/o operativa. Tuttavia, al fine contemperare le diverse istanze e facilitare lo svolgimento delle trattative, gli operatori commerciali frequentemente identificano quale normativa applicabile, una legge “neutra” (quale, ad esempio, la legge svizzera) che non comporti particolari gravosità per nessuna delle parti interessate.

Nel caso, poi, di condizioni generali, nella prassi possono riscontrarsi casi di operatori che predispongono condizioni generali differenti per singoli Paesi, in base alla affinità e alle specificità delle rispettive normative. In ogni caso, occorre chiarire che, limitatamente agli stati membri dell’Unione Europea, le relative discipline consumeristiche derivano da corrispondenti direttive comunitarie e quindi, almeno da questo punto di vista, non sussistono particolari divergenze.

Riflessioni finali

Alla luce della situazione di emergenza sanitaria che ci accompagnerà (purtroppo) ancora per mesi e di quanto sopra sommariamente descritto, è evidente che la vendita a distanza e l’e-commerce siano certamente un’opportunità da approfondire ed indagare da parte di casa d’asta (oltre che di gallerie e antiquari) anche per anticipare e cogliere a pieno quella che gli esperti chiamano revenge spending (che peraltro in Cina è già in atto) e seguire l’evoluzione culturale che predilige canali di vendita più agili rispetto a quelli convenzionali.

Il contenuto di questo elaborato ha valore meramente informativo e non costituisce, né può essere interpretato, quale parere professionale sugli argomenti in oggetto. Per ulteriori informazioni si prega di contattare il vostro professionista di riferimento ovvero di scrivere al seguente arteam@nctm.it o ai seguenti professionisti: Alessandra Donati, Filippo Federici e Matilde Maffeis

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