Categorie: Mercato

Julie Mehretu: il mercato dell’artista delle stratificazioni

di - 18 Aprile 2024

Occupa le sale di Palazzo Grassi Julie Mehretu. Le ingombra con i suoi temi densi, con i suoi paesaggi stratificati che moltiplicano la superficie delle cose. Le riempie con oltre venti anni di ricerca, con le sue origini etiopi, con la sua diaspora, la fuga negli States – oggi vive e lavora a New York. Ensembe, lo chiama, un insieme dove passato presente futuro si amalgamano in un unico spasmo temporale. Una superficie unica che sottende, non nasconde, indaga paesaggi, architetture universali, mappe di non luoghi, astratti, eppure mai estranei alle vicissitudini contemporanee. Nella settimana di apertura della 60esima Biennale, i due piani del palazzo veneziano accolgono un’onda anomala di visitatori, c’è la mostra di Julie Mehretu tra le tappe obbligate di questo tour de force. Anche il mercato la acclama: appena sei mesi fa, la major Sotheby’s la incoronava come artista afrodiscendente più quotata al mondo, con quell’Untitled del 2001 che ha toccato il tetto stellato di $ 9,2 milioni – scalzando di gran lunga il precedente traguardo di Marlene Dumas, The Visitor del 1995, che trovava casa nel 2008 per $ 6,3 milioni (Sotheby’s Hong Kong). Guarda caso, si danno il cambio Dumas e Mehretu, a Palazzo Grassi, nelle ultime due edizioni della Biennale Arte. Un leitmotiv in sottofondo, costante: la strada è ancora lunga, e impervia, se il confronto è con la “controparte maschile” – dove l’opera più costosa realizzata da un artista vivente uomo è il Rabbit di Jeff Koons da $ 91 milioni, quella di una living female artist, Propped di Jenny Saville, sfiora “appena” i $ 12,5 milioni. Cioè circa l’85% in meno, ça va sans dire.

«Julie Mehretu è un’artista che ho sempre ammirato», racconta a exibart Emma Baker, Sotheby’s Head of Contemporary Evening Sale, London. «A colpire sono il suo dialogo con la globalizzazione, le sue esplorazioni del rapporto mutevole tra individui e comunità, e la definizione di “tempo” e “spazio” che sono potenti e toccanti per il pubblico di tutto il mondo. La sua esperienza diretta della diaspora, essendo fuggita negli Stati Uniti con la sua famiglia dall’Etiopia, le conferisce una prospettiva sul modo in cui la politica influisce sulle correnti mondiali, che lei traduce sulla tela come solo Mehretu sa fare. La sua attuale grande mostra a Palazzo Grassi testimonia non solo il suo potere creativo, ma anche il suo posizionamento come una delle artiste più stimolanti della sua generazione».

Ed ecco il mercato di Mehretu oggi, in coda a un’annata straordinaria. In numeri: un turnover da $ 21 milioni nel 2023, al 76esimo posto del world ranking di Art Price. Erano $ 9,6 milioni nel 2022, $ 1,1 milioni nel 2021, risaliva al 2019 l’altro annus mirabilis sul mercato secondario, chiudeva con un giro d’affari di $ 11,7 milioni – proprio in concomitanza con la partecipazione alla Biennale di Ralph Rugoff, a proposito di riverberi tra Biennale e art market internazionale. Nel 2023, sono stati 29 i lotti dell’artista a transitare sotto il martello, solo il 3% è finito invenduto. Con ben due nuovi record mondiali, fissati lo scorso autunno a ruota, a poche settimane di distanza: il primo è Walkers With the Dawn and Morning (2008), battuto per $ 10,7 milioni il15 novembre durante la The Now Evening Auction di Sotheby’s, a New York. Prende il nome dall’omonima poesia di Langston Hughes ed è stato dipinto appositamente per Prospect. 1, la Biennale di New Orleans, all’indomani dell’uragano Katrina. C’è tutto: un vortice fatto di segni violenti, cacofonici, cinetici, direzionali, una coltre di nubi scure, la città distrutta, nuove migrazioni, e insieme la denuncia della società lasciata ai margini, eppure resiliente, nella periferia malsana di New Orleans. «Non penso al linguaggio architettonico solo come una metafora dello spazio», spiega Mehretu. «Riguarda lo spazio, ma gli spazi del potere, l’idea del potere». Un ensemble.

Secondo posto sul traguardo delle aggiudicazioni è Untitled, anno 2001, ancora un atlante politico fatto di linee fragili, di spazi dinamici come fuochi d’artificio, la folla in sottofondo, a muoversi, esplodere, gridare. Ha sfilato da Sotheby’s Hong Kong il 5 ottobre 2023, poche settimane prima del traguardo assoluto di Mehretu, è la tela che ha fissato un nuovo record per un lavoro di un artista di origini africane, allora, a quota $ 9,2 milioni. Poi un’altra opera importante passata sotto il martello nel 2023: Blue Magic del 2007, direttamente dalla collezione di Anne and Wolfgang Titze – ancora mappe, griglie architettoniche, un’intera costellazione di striature rosse che punteggiano il monocromo, correlativo oggettivo del caos del quotidiano. Prezzo finale, da Christie’s Parigi: € 4 milioni.

Adesso, in coda a un’annata senza eguali, Palazzo Grassi ospita la mostra più grande mai dedicata a Mehretu in Europa: è a cura della stessa artista e di Caroline Bourgeois, mette in dialogo una selezione di oltre cinquanta dipinti e stampe con le opere di amici, che moltiplicano, fanno eco, risuonano con le tematiche tanto care a Mehretu. Come Nairy Baghramian, che dà voce alla vulnerabilità del corpo umano; e o David Hammons, che evidenzia gli effetti del razzismo, dell’oppressione, della precarietà. In totale: venticinque anni di lavori, di ricerca, di esplosioni, sparpagliati su due piani, in ordine volutamente atemporale, come il caos unificato sugli strati delle sue tele. «Sono molto felice che abbia accettato la “carta bianca” che le ho proposto», dichiara François Pinault, Presidente di Palazzo Grassi – Punta della Dogana. «Ciò che mi affascina nella sua opera, da quando l’ho scoperta nei primi anni Duemila, è la sensibilità con cui l’artista riesce a trascrivere il disordine di un mondo in costante rivolgimento, grazie all’incrociarsi di influenze architettoniche, politiche, sociali e culturali». Quindi, Venezia. Dopo le maxi retrospettive al Los Angeles Museum of Contemporary Art e all’High Museum of Art, ad Atlanta (2020), al Whitney Museum of American Art di New York (2021) e al Walker Art Center di Minneapolis (2021-2022).

Ci sono le opere dei primi anni Duemila in mostra, a Palazzo Grassi, sono le più costose oggi sul mercato. Vedi Black City del 2007, vedi Vanescere del 2007. Vedi Rise of the New Suprematists (2001), quasi due metri e mezzo per tre, che nel 2019 sfilava da Sotheby’s per $ 2,8 milioni e nel 2004 veniva inclusa nella Whitney Biennial, tra i grattacieli della Grande Mela. Una sintesi provocatoria di vocabolario architettonico, vettori cinetici, simboli come scarabocchi, geografie insieme oniriche e reali. Tutto in un battito di ciglia, racchiuso entro i confini fisici di una tela che si fa amplesso, ensemble, sovrapposizione di paesaggio urbano collettivo, di tempo e spazio che è anche personale. Ancora più giù. Ci sono le serie più recenti, a Venezia, quelle prodotte tra il 2021 e il 2023. Vedi alla voce TRANSpaintings, la serie del 2023, vedi Desire was our breastplate (2022-2023), Your Eyes are two blind eagles, That Kill what they can’t see (2022-2023). E c’è Invisible Sun (algorithm 6, third letter form), anno 2014, l’enorme tela a tinte grigie che il Louisiana Museum of Modern Art, in Danimarca, acquisiva con il finanziamento della Augustinus Foundation and Museumsfonden af 7. Grovigli, nodi e reti che non cancellano, piuttosto penetrano, la complessità del contemporaneo, intessuta di uomini, di conflitti, ma tratteggiati da pennellate più morbide, quasi sbavate, scolorite dall’abbaglio del sole. Un altro rimando alle aste: un’opera della stessa serie, Invisible Sun, Algorithm 2, del 2013, trovava un nuovo proprietario da Phillips Londra, nel 2015 – il prezzo allora era di $ 1,4 milioni. Si attendono gli esiti del mercato, adesso. I riverberi benedicenti della Laguna.

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