-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La relazione generosa: il mecenatismo secondo Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin
Mercato
Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin sono le autrici di La relazione generosa, il volume pubblicato lo scorso novembre per indagare il fenomeno del mecenatismo. Una vera e propria guida alla collaborazione con i filantropi di oggi, per svelare i meccanismi di un rapporto complesso e in grado di rispondere con successo alle sfide del presente.
Intervista a Elisa Bortoluzzi Dubach e Chiara Tinonin
Entriamo subito nel cuore della “Relazione generosa” che dà il titolo al libro. Chi sono i protagonisti di questo scambio?
«Avevamo da tempo il desiderio di scrivere un manuale sul mecenatismo che parlasse in modo pratico agli artisti, ma anche agli stessi mecenati, per orientarli in un settore che è ancora percepito come poco trasparente e dove le pratiche variano molto a seconda del contesto. Il nostro obiettivo era quello di creare un ponte e facilitare un dialogo. Con lo scoppio della pandemia di Covid-19 e le conseguenti crescenti difficoltà per i settori artistico-culturali, questo nostro progetto ha acquisito anche una sorta di missione aggiuntiva, che è il ribadire come nel mondo di oggi sia necessaria una collaborazione sistematica tra Stato, mercato e filantropia. Studiando il mecenatismo da un punto di vista relazionale, infatti, si vede come la generosità non riguardi solo i diretti interessati, cioè i mecenati e gli artisti, ma anche la società civile intera».
Si è parlato di benefattori, di filantropi, di mecenati dell’arte e della cultura. Come si è evoluto il profilo di queste figure? E qual è oggi il loro identikit?
«Il nostro libro vede la distinzione tra mecenatismo e filantropia come un costrutto da superare: oggi la portata innovativa e trasformativa della cultura è ampiamente riconosciuta, per cui bisogna uscire da una logica che talora vede il sostegno degli artisti come mero interesse collezionistico o patrocinatore. I filantropi di oggi si interessano all’arte e alla cultura allo stesso modo in cui approcciano altre importanti cause sociali, come per esempio la lotta alla povertà o l’accesso alle cure mediche. Se vogliamo abbozzare un identikit, i filantropi di tutto il mondo esercitano una grande varietà di professioni: sono giudici, uomini e donne d’affari, medici, avvocati, ma anche casalinghe e autrici. Se guardiamo all’età anagrafica, i possessori di grandi patrimoni sono sempre più anziani e l’avanzare dell’età è un fattore che aumenta la propensione alla donazione. In media hanno 65 anni, sono in maggioranza uomini (88%) e il primo settore in cui operano è quello bancario e finanziario. Può essere utile sapere che nella maggior parte dei casi li motiva una grande passione per un argomento specifico e il desiderio di lasciare un segno che duri nel tempo».
Come si “fidelizza” un rapporto simile, fino a rendere continuativo (o comunque non isolato) un gesto filantropico? Nel testo si insiste più volte sul ruolo attivo di chi riceve il beneficio…
«Ne La relazione generosa esploriamo il mecenatismo con l’aiuto di due lenti di ingrandimento: la prima è quella psicologica-attitudinale dove neuroscienze, psicologia positiva ed economia comportamentale ci aiutano a definire quali sono i tratti ricorrenti che caratterizzano le aspettative e gli atteggiamenti di mecenati e artisti. La seconda è applicativa e si basa sull’estensione del modello anglosassone del “Moves Management” – che è molto conosciuto nel fundraising – anche nel settore artistico-culturale. La tappa conclusiva del processo di moves management è la cosiddetta “stewardship” cioè l’insieme delle azioni che un beneficato dedica al suo benefattore per costruire una fiducia che duri nel tempo. Qui sono molte le parole-chiave in gioco: “gratitudine”, “accountability”, “trasparenza”, “comunicazione empatica”…».
Il professor Ernst Fehr dell’Università di Zurigo ha studiato un vero e proprio legame tra mecenatismo e felicità. Ci sono anche dei rischi?
«Siamo molto orgogliose che il Professor Fehr abbia deciso di firmare la postfazione del nostro libro. Il suo contributo allo studio delle connessioni tra mecenatismo e felicità guida il dibattito scientifico a livello internazionale e ci aiuta a vedere come la generosità sia una componente di cui non potremo più fare a meno, perché agisce direttamente sul nostro livello di benessere e quindi influenza positivamente la nostra salute e longevità. Quando ci caliamo nelle singole situazioni, tuttavia, osserviamo come l’approccio al dono vari di persona in persona, sia per chi compie l’atto di donare, sia per chi riceve una donazione. Aspettative sommerse, discrezionalità, la stessa natura ambigua del dono e la sua dimensione simbolica acuiscono il potenziale conflitto fra mecenate e chi richiede una donazione. Per evitare frustrazioni, dipendenze psicologiche o rancori, il libro approfondisce alcuni metodi mutuati dalla psicologia positiva, come “l’ascolto arricchente” e la “gioia partecipe”, oltre a descrivere in modo puntuale il percorso di acquisizione di informazioni sui potenziali mecenati e come gestire con loro una relazione serena».
Il caso più significativo di “relazione generosa” a cui abbiate assistito nell’ultimo anno.
«L’ultimo anno è stato definitivamente connotato dall’emergenza sanitaria e la drammatica situazione dei lavoratori dell’arte costituirà un elemento di attenzione nello scenario post-pandemico, quando progressivamente riapriranno tutti i luoghi della cultura. Allora bisognerà guardare a esempi che funzionano e, possibilmente, mettere a sistema interventi e risorse per organizzare risposte efficaci nei diversi territori. In questo senso può essere significativo l’esempio della De Sono Associazione per la Musica, che non solo eroga borse di studio per musicisti ma diviene un vero e proprio partner nella costruzione della loro carriera musicale. O ancora, il Trust per l’arte contemporanea della città di Bologna, istituito dalle due fondazioni di origine bancaria della città a favore del Comune per sostenere il suo posizionamento sull’arte visiva contemporanea. Molti filantropi hanno risposto alla crisi sanitaria del Covid-19. Lo stesso faranno a sostegno della cultura, quanto più saremo capaci di costruire progettualità di senso e di lavorare insieme».