15 ottobre 2020

Lieto fine per un reperto sumero all’asta, grazie agli esperti del British Museum

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Confuso per una tavoletta accadica, il frammento decorativo era destinato alla vendita all'asta. Ma l'intervento del British Museum ha scongiurato l'ennesimo epilogo turbolento

British Museum - opera sumera

I saccheggi in Iraq, purtroppo, non sono una novità. Quando nel 2003 i soldati americani invasero Baghdad, l’effetto finale non fu solo la deposizione di Saddam Hussein: nel marasma generale, più di 15mila reperti furono sottratti al Museo Archeologico creato dall’esploratrice britannica Gertrude Bell, e da allora quasi 8mila tesori risultano ancora dispersi. Qualche volta, però, è solo questione di tempo e il colpo di scena prima o poi accade. È quanto successo ad alcuni esperti del British Museum che, capitati sulla pagina web della casa d’aste TimeLine Auctions, si sono imbattuti in una fantomatica tavoletta accadica dell’Asia occidentale; ma qualcosa non ha convinto il loro occhio esperto e li ha condotti a rivolgersi alle autorità, per poi approfondire con un’indagine meticolosa. Ed ecco quindi l’epilogo della storia: l’opera, destinata all’incanto, non è una tavoletta accadica, ma il frammento decorativo di un tempio sumero di circa 4.400 anni fa.

«Siamo abituati», rivela St John Simpson, curatore del British Museum, «a imbatterci in tavolette, vasi, oggetti in metallo, sigilli e figurine sul mercato dell’arte, ma è davvero eccezionale vedere qualcosa di questa qualità». E ancora: «Ci sono solo circa 50 esempi simili dell’antica Mesopotamia conosciuti, e questo inquadra immediatamente l’opera nella scala dell’alta rarità. Possiamo essere abbastanza sicuri che questo oggetto provenga dal cuore dei Sumeri, è una zona che è stata saccheggiata brutalmente tra gli anni novanta e il 2003». Solo qualche mese fa – per citare un altro episodio – vi raccontavamo della causa intentata dai Green contro Christie’s per via dell’opera Gilgamesh Dream Table, acquistata dalla famiglia nel 2014 e poi identificata come un manufatto importato illegalmente dall’Iraq.

Ma stavolta le cose sono andate diversamente. Nessuno scontro con i fautori dell’incanto, grazie all’intervento repentino dei professionisti del British Museum. Gli stessi che, di recente, hanno curato il rimpatrio in Iraq e in Afghanistan di oltre 150 antichi manufatti saccheggiati e recuperati dalle autorità. «Il pezzo», spiega Christopher Wren di TimeLine Auctions, a discolpa della casa d’aste, «non è documentato come saccheggiato, né tanto meno è menzionato in qualche database, quindi non è stato riportato nel Registro delle Perdite d’Arte e in altre fonti che abbiamo consultato. TimeLine Auctions cerca sempre di aiutare nel recupero di antichità illecite, siamo stati strumentali in una serie di casi in cui sono stati i nostri stessi controlli a consentire il recupero degli oggetti».

Anche il precedente proprietario, che aveva affidato l’opera alla casa d’aste per mediare la vendita, ha manifestato la propria estraneità rispetto a tutta la questione: «L’aveva casualmente e innocentemente acquistata da una fiera d’arte tedesca alcuni anni fa», rivela ancora Wren al Guardian. «Inorridito nel sentire questa storia, ha rinunciato volontariamente a qualsiasi rivendicazione di proprietà e ha espresso il desiderio che l’opera fosse restituita al suo luogo d’origine». E ora, finalmente, la lapide sumera è libera di tornare a casa; non prima, però, di essere esposta per un paio di mesi al British Museum, in segno di gratitudine per l’intervento dei suoi esperti. Insomma, dicevamo, un vero e proprio lieto fine.

 

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