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Con un gesto ieratico il martire sottrae lo sguardo all’osservatore mentre due angeli medicano le sue ferite. Sebastiano, tribuno militare sotto Diocleziano, dopo aver convertito un’intera famiglia romana al cristianesimo, viene condannato a morte. La sua posizione di potere gli permette di ricevere una pena onorevole: legato ad un albero e trafitto da frecce scagliate da un plotone di arcieri in campagna, evitando così di essere esposto al pubblico ludibrio della città. Lasciato a morire dai suoi aguzzini, il santo, ancora agonizzante, viene salvato dal miracoloso intervento degli angeli. Il Saint Sebastian Tended By Two Angels di Rubens è esposto a Londra fino a mercoledì, prima di essere battuto al miglior offerente alla Old Masters and 19th Century Evening Sale di Sotheby’s, in calendario il 5 luglio.
Il dipinto, riemerso all’asta quindici anni fa, era stato precedentemente attribuito al pittore francese Laurent de la Hyre e battuto a $ 40.000 da Ivey-Selkirk, una casa d’aste di St.Louis; possiamo solo immaginare quale sia stata la reazione del proprietario quando più recenti e accurati esami ai raggi X hanno rivelato il nome del suo vero autore. Gli esperti attribuiscono infatti la paternità dell’opera a sir Pieter Paul Rubens, parere confermato dai documenti dei suoi primi proprietari, nonché committenti: la famiglia Spinola, celebri mecenati genovesi dell’artista. Le analisi tecniche non solo hanno confermato che la tela è un’opera autografa dell’artista, ma dimostrano anche che si tratta della prima versione della composizione. Fino a qualche tempo fa l’unica versione riconosciuta di questa particolare composizione era stata conservata per secoli nella collezione della famiglia Corsini, altro storico nome nel panorama del collezionismo italiano.
A differenza della versione Corsini, il San Sebastiano Spinola presenta, celati dagli strati pittorici, i vari perfezionamenti e ripensamenti dell’autore durante la realizzazione: nel disegno preparatore il San Sebastiano era rivolto verso sinistra e con il braccio destro levato sul capo; in origine era presente una freccia a trafiggere la coscia destra del martire, mentre l’armatura è stata inserita in una fase successiva alla bozza, coprendo un dettaglio inizialmente incluso. Al contrario, osservando ai raggi X la seconda versione, acquistata dal cardinal Corsini a Bruxelles nel 1750, si nota come questa sia stata eseguita senza grandi incertezze, il che suggerisce una certa soddisfazione dell’artista per il soggetto, sufficiente quantomeno a non richiedere grandi modifiche in corso.
L’opera viene citata per la prima volta nei documenti testamentari del 1655 di Filippo Spinola. Ambrogio Spinola, padre di Filippo, fu un nobile e comandante militare genovese, più volte ritratto dallo stesso Rubens, con il quale condivise molte idee ed opinioni; commissionò e acquistò direttamente dal maestro il dipinto, eseguito intorno al 1606-1608 o 1609-1610. Tramandata di generazione in generazione la tela venne poi registrata tra i beni ereditati da Anna Spinola alla morte del padre nel 1731; a causa del passaggio attraverso la discendenza femminile della famiglia Spinola, le tracce del San Sebastiano si perdono fino alla sua ricomparsa 230 anni dopo in una collezione del Missouri, nel 1963. Venne poi acquistato dal suo attuale proprietario nel 2008. Nonostante non ci siano opinioni unanimamente concordi riguardanti l’esatto periodo e il luogo in cui Rubens realizzò l’opera, rimane comunque evidente come le suggestioni italiane abbiano influenzato la produzione artistica del nostro durante gli anni passati nel Bel Paese, permeandola di richiami al classico storico e cimentandosi in soluzioni plastiche mutuate, specialmente, dal grande Michelangelo, tentando di rinnovarne il linguaggio.
La tela sarà ora offerta alla Old Masters and 19th Century Evening Sale di Sotheby’s a Londra il 5 luglio con una stima di £ 4-6 milioni. George Gordon, Co-Chairman della sezione Old Master Paintings Worldwide di Sotheby’s, afferma: «Questo dipinto splendidamente conservato, intriso dell’esperienza italiana di Rubens, è la prova che anche i nomi dei grandi artisti possono andare perduti nella storia. Fortunatamente, gli affascinanti dettagli rivelati dall’analisi scientifica, uniti a una ricerca meticolosa e alla valutazione di importanti studiosi, affermano giustamente la riattribuzione di quest’opera a uno dei più grandi pittori del suo tempo, e ci dimostrano che c’è ancora molto da scoprire, anche sulle opere più conosciute dell’artista».