-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Marlene Dumas, i numeri del mercato
Mercato
Carne nuda, colante, occhi di brace. Occhi come fessure, anche, e poi labbra purpuree, amore e morte, una specie di tenerezza. Fino all’8 gennaio, Palazzo Grassi presenta open-end, la mostra personale di Marlene Dumas (1953, Cape Town) a cura di Caroline Bourgeois che ripercorre, attraverso trentatré sale, quasi quarant’anni dell’indagine dell’artista. I soggetti: oltre 100 opere provenienti dalla Pinault Collection, da musei internazionali e collezioni private, in un turbinio senza fine di estasi, paura, violenza, ansia, disperazione. Una pittura come «traccia del tocco umano», come «pelle di una superficie» – lo scriveva l’artista in Sweet Nothings – «un dipinto» che, ribadisce, «non è una cartolina». Nessuna bella storia da ammirare, sulle sue tele minuscole o di monumentali; solo corpi effimeri, trasognati, a tratti sfigurati, che portano in scena, diretti, le vicissitudini di vite intere. Ma qual è, sul mercato, il valore della sua potenza espressiva? Lo scorso aprile, a pochi giorni dall’inaugurazione, Artprice rivelava che «100 USD investiti nel 2001 per un’opera di Marlene Dumas valgono in media 521 USD (+ 421%) nel dicembre 2021» (ve ne parlavamo qui). Ed ecco quindi i numeri aggiornati, a quasi un anno dalla nostra ultima ricognizione: nel 2022 il fatturato globale per l’artista ha toccato quota $ 4 milioni (contro i $ 3,4 milioni del 2021), vale a dire il 357° posto nella classifica mondiale, con 35 lotti transitati all’incanto da gennaio a dicembre. Come Snow White in the Wrong Story (1988), che il 15 novembre, da Phillips, ha trovato un acquirente per $ 3,8 milioni. O ancora Mouth (2018-2020) che, poche settimane fa, il 6 dicembre, passava di mano da Sotheby’s, a Parigi, per € 693.000. Nessun timore, intanto, per il suo record d’asta assoluto, indisturbato dai tempi di quel The visitor (1995) che, nel 2008, polverizzava a suon di bid le stime iniziali. Di seguito il podio delle migliori aggiudicazioni.
1. The Visitor (1995). $ 6,3 milioni
Sei giovani figure in piedi, in una posa che ricorda, ostentata, la Petite danseuse de quatorze ans di Dégas – ma anche i colori di Matisse, di Munch, c’è qualcosa di Van Gogh. Non le scopriamo in scena sul palco, nella sala prove, nel pieno di un’esibizione, come le ballerine fin de siècle. Le scrutiamo di spalle in uno spazio claustrofobico, losco, quasi per caso, mentre attendono l’arrivo di un cliente dalla porta brillante, sullo sfondo. Il protagonista della tela? É lui, the visitor, il rumoroso assente. «Lo spettatore viene inserito in una tana oscura e licenziosa», si legge sul catalogo, «dietro una scena che è intrisa di implicazioni, di tabù, di ambiguità stratificate e di una narrativa poco chiara». I temi cari a Marlene Dumas, da Sotheby’s Londra, nel luglio 2008, hanno fruttato un’aggiudicazione record da $ 6,3 milioni.
2. Colorfields (1997). $ 4,2 milioni
Medaglia d’argento per le cinque donne di Colorfields, che sembrano chiarire, a tinte accese, la definizione dell’artista come “espressionista intellettuale”. Dumas parte da una fotografia di Vogue – è immenso l’archivio di immagini a cui attinge, nel suo lavoro – con quattro modelli (Carla Bruni, Nadja Auermann, Shalom Harlow e Karen Mulder), aggiunge una quinta, misteriosa figura e poi staglia il gruppo eccentrico su uno sfondo rosso fuoco, senza alcuna contestualizzazione. Seduzione e repulsione, brusche astrazioni, volti appena accennati, frammenti di sguardi, tutto insieme. La dimensione, qui, è di quelle monumentali: 200 x 150 cm. Il prezzo finale, di riflesso: $ 4,2 milioni raggiunti nel 2017, alla 20th Century & Contemporary Evening Sale di Phillips New York
3. Cathedral (2001). $ 4 milioni
Un po’ cariatide greca, un po’ finestra dei bordelli a luci rosse di Amsterdam. Il terzo e ultimo posto del nostro podio va a Cathedral del 2001, passato sotto il martello di Sotheby’s nel febbraio 2020. «Erede della serie d’artista delle Maddalena creata nel 1995 per la Biennale di Venezia», riporta il catalogo della vendita, «Cathedral continua l’importante indagine di Dumas sul topos della donna ‘caduta’». Ancora: «Incrollabile e senza vergogna, Cathedral incarna una modalità di femminilità che non si identifica con l’etichetta di madre, figlia o ingenua civettuola». E conclude: «Intitolando quest’opera Cattedrale, Dumas investe la sua pittura di religiosità – una qualità sacra che si contrappone al suo soggetto profano». Il prezzo finale per questo straniamento sofisticato: $ 4 milioni.