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C’è un nuovo spazio espositivo nel cuore di Milano, la galleria Spirale Milano | Art&Co inaugurata lo scorso 18 novembre in via Moneta 1 con la personale di Simone D’Auria. My World – questo il titolo della mostra – porta in scena la ricerca dell’artista bergamasco, con 60 opere che includono la serie dei cucchiai giganti Spoon e gli omaggi a nomi come Magritte, Banksy, Haring e Koons. «L’arte di D’Auria», scrive Milovan Ferronato nel catalogo edito da Skira, «è una pratica pop e ben si intenda non “popolare” nella sua versione dispregiativa, bensì di accorta rilettura del sostrato sociale». Ma perché dar vita a una nuova realtà espositiva in questo periodo di continui stravolgimenti? Ce lo dice Massimo Ferrarotti, Presidente di Spirale Milano.
Intervista a Massimo Ferrarotti
Che cosa significa, e cosa comporta, aprire oggi una nuova galleria d’arte in una città come Milano?
«La galleria d’arte è divenuta uno strumento di comunicazione sia delle attività di Spirale Milano, finalizzate ai propri collezionisti, sia un laboratorio di idee e progetti che verranno ospitati in spazi esterni alla galleria come musei, fiere d’arte, Fondazioni e luoghi che ne possano amplificare il significato divulgativo. Dopo un periodo di chiusura degli spazi espositivi, l’esigenza creativa degli artisti prende corpo e forma non più attraverso mostre personali, ma vere e proprie performance installative che dialogano con lo spazio, con una logica più vicina alla mostra pubblica che a quella della mostra in galleria».
Come mai avete scelto il centro storico anziché focalizzarvi su aree più “periferiche”?
«Spirale Milano nasce nel 1964 nel cortile degli artisti in via Sant’Agnese a Milano, nel pieno centro storico, e abbiamo pensato di consolidare il dialogo con il territorio che ci ha sempre ospitato con una centralità che possa essere di facile fruizione da parte della nostra clientela».
Quali sono le scommesse per il futuro dell’arte contemporanea, oggi?
«L’arte contemporanea ha il dovere e la responsabilità di raccontare il nostro tempo uscendo dagli schemi digitali creati in questi due anni di impossibilità di confronto con il pubblico dal vivo. La vera scommessa è di tornare a far vivere gli spazi espositivi a fruitori che abbiano una nuova esigenza di tridimensionalità e di togliersi dallo schermo che li ha accompagnati in questo ultimo periodo».
La mostra di apertura di Spirale Milano è una personale di Simone d’Auria. Perché avete scelto di aprire con lo “scultore del sostrato sociale”, come lo definisce Milovan Farronato?
«Simone rappresenta la continuità contemporanea dello storico dialogo di Spirale Milano con l’innovazione e il gesto pop. Questo progetto rappresenta una precisa direzione verso i nuovi linguaggi installativi dell’arte contemporanea e ci dà la possibilità di conoscere a fondo non solo il processo scientifico e di realizzazione delle opere dell’artista, ma anche la sua capacità di dialogo con lo spazio che lo ospita, spazio dove Simone è riuscito a creare un percorso immersivo ed esperienziale che da tempo mancava ai nostri fruitori e collezionisti».