Non è proprio la scena in cui un ricco capitalista si accende il sigaro con la banconota da 100 dollari ma quasi. Perché fuoco e fiamme ci sono e, quando si tratta di Banksy, alla fine, anche ciò che si distrugge può portare valore. In fondo, si sa, l’unica cosa che esiste, in qualunque natura, è la trasformazione. E così, la società di blockchain Injective Protocol, dopo aver acquistato un’opera dello street artist anonimo e averla “convertita” in NFT – Non Fungible Tokens, cioè in “materia digitale”, non ha potuto far altro che bruciarla.
Altrimenti, come spiegato dalla stessa società in un tweet pubblicato dall’account @BurntBanksy, il valore sarebbe rimasto principalmente nell’opera fisica, piuttosto che nelle risorse digitali. D’altra parte, già in tempi non troppo sospetti, qualcuno aveva acceso la miccia sul “reale” valore dell’opera d’arte: fu Stéphane Distinguin, imprenditore francese nel settore delle nuove tecnologie, a lanciare l’idea di mettere in vendita la Gioconda di Leonardo da Vinci, attraverso una blockchain.
A prescindere dall’impatto emotivo suscitato dalla performance di bruciare un’opera d’arte, la portata del gesto è concettualmente (e finanziariamente) enorme, soprattutto considerando l’attuale momento d’oro del mercato NFT dell’arte che, nelle ultime settimane, ha generato una sorta di aspettativa collettiva simile a quella della febbrile corsa alle miniere del Klondike e dello Yukon. Solo che, al posto del piccone e del setaccio, si usano gli strumenti più attuali a disposizione, cioè i processori e le tastiere.
Injective Protocol è una piattaforma di Decentralized Derivatives Trading, cioè di DeFi, ovvero finanza decentralizzata, un sistema che, come lascia intendere la parola, non si basa su intermediari centrali, come broker, exchange o banche, utilizzando invece smart contract sulla blockchain. Le piattaforme di questo genere consentono quindi agli utenti prestare o ricevere fondi, scambiare criptovaluta ma anche speculare sulle oscillazioni dei prezzi utilizzando i derivati. Gli affari, insomma, sono più che seri e Nasdaq ha deciso di creare un indice apposito, il DEFX, per tenere traccia dei maggiori prodotti di DeFi.
Injective Protocol ha acquistato l’opera di Banksy da Taglialatella Galleries lo scorso inverno, nel corso di una vendita dedicata allo street artist, per circa 95mila dollari e, dopo il passaggio in NFT, ha raggiunto un valore di 382mila dollari, corrispondenti a 228,69 Ether – che è la criptovaluta più usata nelle operazioni di DeFi – pagati dall’acquirente che, come da tradizione nella blockchain, rimane anonimo. E anche la scelta dell’opera non è affatto casuale: si tratta infatti di Morons (White), lavoro del 2006 nel quale è raffigurata un’asta affollata, con il battitore impegnato nella vendita di un quadro nel quale, riccamente incorniciate, sono scritte queste parole: “I can’t believe you morons actually buy this shit”, “non posso credere che voi idioti compriate davvero questa schifezza”.
Taglialatella Galleries ha specificato di non essere al corrente del piano di Injective Protocol ma ha dichiarato che le possibilità offerte dagli NFT alle gallerie, agli artisti e, quindi, anche ai collezionisti, aggiungiamo, sono illimitate. Ovviamente non si incoraggia la distruzione avanguardistica delle opere d’arte ma l’argomento è scottante e infatti la stessa Taglialatella ha già in programma di entrare nel settore NFT.
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