Si è chiusa la sessione primaverile delle aste iniziata lo scorso 5 maggio a New York, con un trionfo del mercato.
Il totale ottenuto dalle vendite dei giorni passati è stato di oltre 2,7 miliardi di dollari, di cui 1,7 incassato soltanto da Christie’s, e supera i 2,3 miliardi della vendita dello scorso novembre, a conferma che il mercato dell’arte sta attirando sempre di più i più ricchi del mondo in cerca di investimenti solidi e si status symbol.
E come si inserisce la piccola Phillips in questo contesto fatto di giganti che muovono miliardi? Anche se in proporzioni minori, anche la casa d’aste inglese canta vittoria, puntando molto sulla sua asta dello scorso giovedì, di cui vi abbiamo raccontato, che è stato il suo miglior risultato di sempre. Ma in realtà c’è stata un’altra asta, di cui poco si è raccontato e che ha deluso le aspettative. Ampiamente annunciata, e altrettanto nascosta sotto la sabbia: la vendita di arte contemporanea italiana a cura di Francesco Bonami, The great Wonderful, 100 years of italian art, un insieme di opere di artisti tra i più noti, anche oltreoceano, ma a detta dello stesso curatore, spesso bistrattati dal mercato. La firma di un curatore dalla fama internazionale, stimato negli Stati Uniti, non ha però cambiato la sorte dei lotti in vendita, rendendo le cose difficili anche per quelle opere che solitamente superano di molto le stime.
Enrico Castellani con una Superficie Bianca del 1981 per esempio rimane fermo a 437 mila dollari, molto lontano dai 600 mila dollari previsti, invenduti due Lucio Fontana, un Baruchello, Pascali, Paolo Scheggi, che nel resto delle aste realizza successi imprevisti, fallisce anche Maurizio Cattelan. Prezzi bassi poi per Bonalumi, Manzù, Burri, Penone e il top lot della serata Domenico Gnoli che si ferma a meno di 7 milioni, sotto le stime basse previste.
L’asta così diventa il momento più negativo delle giornate newyorchesi, una mossa forse troppo azzardata, in cui anche artisti che avrebbero potuto fare da traino a quelli meno noti, sono stati messi in ombra. I fattori scatenanti potrebbero essere molti, le troppe vendite in corso, lo scarso appeal dei lotti, o, come amaramente possiamo riscontrare anche nella attuale Biennale, lo scarso interesse del mondo nei riguardi dell’arte italiana.