Categorie: Mercato

Phillips, il più alto totale per un’asta a New York

di - 8 Dicembre 2020

Com’è andato l’incanto di arte moderna e contemporanea ieri sera da Phillips? Bene, a dir poco. «Il più alto totale di vendite per un’asta a New York nella storia dell’azienda», riferisce il CEO Edward Dolman, segnalando un ricavo di $134,6 milioni, un aumento del 25% rispetto alla vendita dello scorso autunno e ben cinque nuovi record d’artista.

Una strategia vincente, quella di Phillips, che ha premiato la capacità di reinventarsi degli ultimi mesi. Top lot del catalogo è Nichols Canyon (1980) di David Hockney, venduto per $41,067,500 (un prezzo da record, tra l’altro, per un paesaggio dell’artista). Al secondo posto, PH-407 (1964) di Clyfford Still, che ha debuttato per la prima volta in asta ed è un capolavoro rarissimo, tra i pochi del periodo del Maryland ancora in mano a privati (ve ne parlavamo qui). Il risultato finale? $18,442,500, a partire da una stima di $17 milioni. Terzo sul podio delle aggiudicazioni è invece Portrait of A-One A.K.A King (1982) di Jean-Michel Basquiat, che ad agosto aveva inaugurato il nuovo spazio di Phillips a Southampton e ha trovato un acquirente per $11,5 milioni. «Un’opera esemplare», dichiarava il Presidente Cheyenne Westphal, «realizzata all’apice della carriera, quando l’artista produceva importanti opere d’arte, libero dai vincoli e dalle pressioni dei galleristi e del mercato».

Jadé Fadojutimi, Lotus Land (2017), Phillips
George Condo, Transparent Female Forms (2009). Phillips

Non sul podio, ma senza dubbio meritevole di nota, è la performance di Amy Sherald, che guarda «al cuore dell’America – la gente, i paesaggi e i paesaggi urbani» e la vede «come un’opportunità per aggiungere qualcosa ad una narrazione artistica americana». La sua The Bathers (2015), così, supera di oltre 10 volte il record precedente ($350,000 nel 2019) ed è battuta per quasi 30 volte (30!) la stima iniziale e un bidding di 15 minuti, fino a raggiungere $ 4,265,000. Seguono Jadé Fadojutimi con Lotus Land (2017), andato a $378,000; Vaughn Spann con Big Black Rainbow (2019), per un totale di $239,400; Portrait of Mickalene Thomas, the Coyote (2017) di Kehinde Wiley aggiudicato per $378,000; e infine Mickalene Thomas, con I’ve Been Good To Me (2013), che passa di mano per $901,200.

«Siamo entusiasti di chiudere un anno senza precedenti, nove mesi dopo la chiusura iniziale che ha gettato il mondo delle aste dal vivo nell’incertezza», concludono Jean-Paul Engelen e Robert Manley, Worldwide Co-Heads della 20th Century & Contemporary Art. E ancora: «Abbiamo appena registrato una delle vendite più importanti nella storia di Phillips. Questo successo è la testimonianza della forza del nostro team e dei profondi rapporti con i nostri collezionisti, forgiati in decenni di sapiente commercializzazione delle opere, con la creatività e il dinamismo per cui Phillips è conosciuta».

Nichols Canyon di David Hockney, il top lot della serata letto da Martin Gayford

La stima reciproca tra David Hockney e Martin Gayford, critico d’arte dello “Spectator”, è cosa ormai nota. Autore di saggi e biografie di numerosi artisti, Gayford ha racchiuso anni di conversazioni con il pittore in A Bigger Message, tutto intessuto di aneddoti e di humor diffuso. Non solo: i due hanno firmato anche History of Pictures, un saggio sulla storia delle immagini che ripercorre in modo brillante la resa della terza dimensione.

David Hockney, Nichols Canyon (1980). Phillips

Ed ecco allora come Martin Gayford racconta Nichols Canyon, la punta di diamante nel catalogo di Phillips. Queste le sue parole: «La prima volta che sono andato a stare da Hockney, mi ha detto in anticipo come trovare la lunga strada tortuosa su cui si trova la sua residenza di Los Angeles. “Dillo al tassista”, scrisse, “in cima al Nichols Canyon”. Questo dà un indizio cruciale per un meraviglioso dipinto realizzato nel 1980, subito dopo essersi trasferito in quella casa e averne preso il titolo da quella stessa via. Nichols Canyon è locale, un quadro del suo stesso quartiere. In effetti, è più intimamente personale di così: è una rappresentazione del percorso quotidiano dell’artista verso il lavoro. Quando ha iniziato a vivere sulle colline di Hollywood, Hockney ha continuato a lavorare nella pianura sottostante nel suo studio in un ex magazzino su Santa Monica Boulevard. All’epoca in cui realizzò il quadro, faceva questo viaggio, ricorda Hockney, “due, tre, quattro volte al giorno”. Successivamente fece trasformare in studio una grande sala giochi adiacente alla sua nuova abitazione e cominciò a lavorarvi. Per un po’ di tempo, però, questo breve tragitto è stato una parte significativa della sua routine, e questo quadro è una rappresentazione del viaggio. Hockney è stato molto esplicito al riguardo. Quando ha parlato del pezzo di accompagnamento a Nichols Canyon, Mulholland Drive, ha spiegato che il “Drive” nel titolo “non si riferisce al nome della strada, ma all’atto di guidare”».

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