BBS-Lombard è il primo studio italiano di commercialisti a diventare Società Benefit, una soluzione innovativa capace di unire il profitto e il beneficio per la collettività. Addio al dualismo profit/non-profit, addio a quell’approccio utilitaristico che non si cura della realtà circostante: la Legge del 28 dicembre 2015 n. 208, commi 376-384, consente di abbracciare, finalmente, una visione di impresa più ampia, più responsabile, più impegnata a livello sociale.
BBS-Lombard, in particolare, ha recepito molto presto le potenzialità di questo cambiamento. Nata da BBS-pro e Lombard DCA (studi di commercialisti, rispettivamente, a Prato e a Milano), fonde con passione servizi di consulenza strategica, organizzativa, contabile e fiscale con un’autonoma attività non-profit. Ce lo raccontano Irene Sanesi e Franco Broccardi, che dal 2018 guidano con successo questo progetto innovativo.
Siete stati il primo studio italiano di commercialisti a diventare Società Benefit. In che cosa consiste questo nuovo modo di fare impresa?
Le Società Benefit introducono nel proprio oggetto sociale, a fianco del proprio oggetto principale, uno scopo di beneficio comune, che potrà essere ambientale, sociale, culturale… In realtà questo scopo diventa esso stesso l’oggetto principale del modo di fare impresa, che passa da una visione utilitaristica, improntata alla massimizzazione degli utili dei soci, ad una più ampia in cui l’impresa, per dirla con le parole di Olivetti, “non può guardare solo all’indice dei profitti, ma deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia”. Siamo il primo studio di commercialisti in Italia, è vero, ma ci piacerebbe che questa primogenitura fosse l’inizio: speriamo davvero che molti altri ci seguano lungo questo percorso.
Come avviene, concretamente, la trasformazione? È un processo complesso? Oppure il passaggio è in qualche modo agevolato?
Diventare benefit è semplicissimo. Per le società già esistenti basta un’assemblea che modifichi lo statuto, introducendo la parte relativa allo scopo di beneficio comune. In caso di nuova costituzione, l’atto non sarà diverso da qualsiasi altro. L’unica accortezza sarà quella di nominare un responsabile dell’impatto che ogni anno appronti la valutazione delle attività svolte, da fornire ai soci e a tutti gli stakeholders.
Perché consigliereste questo strumento giuridico? Quali sono i maggiori vantaggi che state riscontrando, come Società Benefit, rispetto a prima?
La visione di ogni imprenditore, come detto prima, non può più permettersi di essere isolata dal mondo in cui vive. Quella di nessuno può. La creazione di valore avviene solo se questa è condivisa e il successo economico non è mai slegato dallo sviluppo sociale. I vantaggi evidenti sono certamente di tipo reputazionale, ma quello che davvero ognuno deve ritrovare è un orgoglioso impegno verso un’economia solidale e più equa.
La cultura gioca per voi un ruolo centrale. Quali tipi di servizi offrite tra le attività non-profit?
Il nostro studio ha come ambito di specializzazione l’economia della cultura. Ci occupiamo sia di attività profit, come gallerie d’arte e case editrici, sia non-profit, a partire da associazioni di categoria, musei, fondazioni. Il nostro ruolo – forti della nostra esperienza – è quello di offrire agli imprenditori e agli operatori culturali la conoscenza delle opportunità, assieme a uno sguardo laterale che permetta di operare le scelte più coerenti con la missione. In questo mettiamo, oltre alla competenza che speriamo possa essere rilevata sul campo, anche la passione e la creatività, che rendono sensibili a questo settore così particolare e non spesso esplorato dalla nostra categoria professionale.
Potete raccontarmi un caso emblematico della nuova esperienza di BBS-Lombard? Quella volta in cui, più di tutte, il vostro intervento ha determinato una svolta positiva?
Siamo sempre stati entusiasti sostenitori delle società benefit, ancor prima di diventarlo noi stessi. Tempo fa un imprenditore ci ha chiesto aiuto per la costituzione di una fondazione e questo avrebbe comportato un versamento non inferiore a € 100.000 per i fondi di dotazione e di gestione. In realtà le attività che aveva in mente si sposavano perfettamente con lo scopo di una benefit, ancor più che con quello di una fondazione. Con il solo costo dell’atto notarile, il nostro imprenditore ha incorporato il beneficio comune a cui aspirava all’interno della propria società, risparmiando e, soprattutto, utilizzando uno strumento efficace e più la linea con lo scopo prefissato. Crediamo fortemente che molto spesso le fondazioni collegate a imprese private possano essere sostituite in modo più efficace con l’introduzione in statuto di uno scopo benefit.
Un’ultima domanda per voi che vi occupate di strategia culturale: qual è la dritta che vi sentite di dare, oggi, a un settore più che mai in difficoltà?
La cultura sta attraversando un periodo particolarmente difficile. Occorre ripensare al ruolo che questa ha all’interno della società. Lavorare molto sulla proposizione del valore, sul rapporto imprescindibile con le persone e la società. La cultura deve chiedersi per chi fa ciò che fa, abbandonando una certa autoreferenzialità; deve essere trasparente nella gestione delle risorse, come non troppo spesso avviene; deve sapersi fare impresa in senso ampio, lavorando sull’organizzazione, sulla governance e sulle tecniche di fundraising, per garantirsi una sostenibilità.
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