Il suo Salvator Mundi è l’opera d’arte più costosa mai passata all’incanto, con quei $ 450,3 milioni che da Christie’s, nel novembre 2017, hanno fatto spallucce anche davanti a un’attribuzione incerta – oltremodo dibattuta, senz’altro sviscerata, con tanto di film-documentario. Quasi cinque anni dopo, ecco che due studi dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci fanno capolino all’incanto: li ha realizzati Giovanni Antonio Boltraffio – probabilmente il migliore allievo del maestro – Sotheby’s li annuncia tra i tesori della vendita Master Works on Paper from Five Centuries del prossimo 6 luglio, a Londra. La stima? Una cifra compresa tra £ 80.000 e £ 120.000. Per ciascun esemplare, s’intende.
«L’Ultima Cena di Leonardo iniziò a deteriorarsi quasi subito dopo essere stata terminata», spiega Cristiana Romalli, Senior Director, Old Master Drawings, Sotheby’s. «È solo attraverso rari disegni come questi, molto probabilmente realizzati dal suo stretto collaboratore Boltraffio subito dopo che Leonardo ebbe terminato il suo capolavoro, che possiamo comprendere il pieno impatto che ebbe quest’opera eccelsa quando fu creata. È quanto di più vicino a possedere l’Ultima Cena stessa». E aggiunge: «Questi due grandiosi studi riflettono anche le grandi innovazioni tecniche introdotte da Leonardo nei suoi disegni».
Qualche dettaglio sulle due opere che sfileranno mercoledì sotto il martello. Due studi «rari», sigilla con enfasi la nota stampa di Sotheby’s. I soggetti: San Giovanni Evangelista e San Giacomo il Minore – o, meglio, le loro teste – seduti intorno alla famosa tavola commissionata da Ludovico il Moro. La tecnica: disegno con gessetti colorati, recita il catalogo, così come da insegnamento del grande maestro – di cui, tra l’altro, non si conservano altre testimonianze. L’origine: una delle uniche due serie di studi contemporanei all’Ultima Cena ad oggi conosciute (il gruppo da cui provengono è appartenuto, tra gli altri, al grande connoisseur inglese Sir Thomas Lawrence, alla collezione del re Guglielmo II d’Olanda e poi ai Granduchi di Saxe-Weimar). Due lavori d’eccezione, si diceva, e con un curriculum niente male. Oggi i vari esemplari sono conservati, sparsi, tra musei e collezioni private, mentre il secondo gruppo di sei studi è custodito, ancora intatto, tra le sale del Museo di Strasburgo. Neanche a dirlo, disegni simili non comparivano all’asta da decenni. Leitmotiv: ancora rarità.
Un ultimo appunto sulla firma dei due studi – anche alla luce del grande polverone che ha investito, negli ultimi anni, l’autenticità del famigerato Salvator Mundi. «Le origini, la funzione e la paternità di questi studi sono state molto discusse nel corso dei secoli», tengono a precisare da Sotheby’s. «Nel XIX secolo si pensava che questi disegni fossero dello stesso Leonardo, ma oggi è ampiamente riconosciuta la mano di uno dei suoi principali allievi, Giovanni Antonio Boltraffio». Ancora: «Recentemente questa paternità è stata ulteriormente sostenuta dalla curatrice del Metropolitan Museum of Art di New York, Carmen Bambach, che ha anche rilevato l’esistenza di rielaborazioni successive dei disegni da parte di una seconda mano, risalenti alla fine del XVI secolo o a un periodo successivo». Pochi dubbi, grandi capolavori. Appuntamento a mercoledì, con l’esito finale.
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