Si chiama Danza sulla spiaggia, è stato commissionato nel 1906 da Max Reinhardt, regista cinematografico e teatrale di fama mondiale, le cui produzioni erano profondamente influenzate dalle opere di Edvard Munch. Il risultato? Il cosiddetto Fregio Reinhardt, quelle dodici tele di grandi dimensioni esposte sulle pareti del teatro d’avanguardia di Berlino – una vera e propria installazione immersiva che fu una delle prime del suo genere, antesignana della ricerca senza limiti tra performance e arte. Sono tutte custodite in collezioni museali tedesche, oggi, le tele della serie. Tutte tranne una, monumentale, supera anche i quattro metri; «il culmine del ciclo», dicono gli esperti, la più energica, ritmica, l’unica a riportare la firma per intero. Il prossimo 1° marzo andrà all’asta da Sotheby’s, a Londra, nel corso della Modern & Contemporary Evening Sale. La stima: una cifra compresa tra $ 15 e 25 milioni.
«Munch era il ribelle per eccellenza e ogni pennellata di questo fregio è assolutamente moderna e puramente espressiva», rivela alla stampa Simon Shaw, Sotheby’s Vice Chairman, Fine Arts. «Questa composizione reimmagina una delle più grandi immagini di Munch, la Danza della vita, che rappresentava il culmine del Fregio della vita dell’artista e poneva l’amore al centro della “vita moderna dell’anima” dell’artista. La sua prima versione risale al 1899-1900 e si trova accanto all’iconico Urlo nella Galleria Nazionale di Oslo. Quest’opera è tra i più grandi capolavori espressionisti rimasti in mani private: il suo impatto emotivo sconvolgente rimane potente oggi come nel 1906».
Non solo. Il dipinto è stato messo sul mercato per l’ultima volta 89 anni fa, quando è stato acquistato all’asta a Oslo da Thomas Olsen, amico storico di Munch, suo vicino di casa – che ha messo insieme, tra l’altro, una collezione ineguagliabile dell’artista di circa 30 opere, inclusa una delle quattro versioni dell’Urlo. La storia è questa: nel 1939, Olsen appese Danza sulla spiaggia nella sala di prima classe del suo transatlantico MS Black Watch, che viaggiava tra Oslo e Newcastle. La rimosse poco dopo, quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania, e si nascose insieme ai suoi quadri in un fienile nella foresta norvegese per tutta la durata del conflitto. Recuperata dal suo nascondiglio dopo la guerra, l’opera è rimasta da allora nelle mani della famiglia Olsen.
Poi la svolta: identificata come proprietà del professor Curt Glaser, amico e biografo di Munch, che l’aveva acquistata dopo la ristrutturazione del teatro berlinese nel 1912 e fu poi costretto a fuggire dalla Germania nel 1933, l’opera viene messa oggi in vendita per accordo tra le due famiglie, i Glaser e gli Olsen. Proprio mentre l’eredità di Glaser è celebrata con una mostra al Kunstmuseum di Basilea (fino al 12 febbraio ), proprio mentre al Musée d’Orsay di Parigi, fino alla fine di gennaio, va in scena un’impressionante retrospettiva delle opere di Munch.
«Questo eccezionale dipinto è reso ancora più speciale dalla sua straordinaria provenienza», dichiara Lucian Simmons, Vice Chairman and Sotheby’s Worldwide Head of Restitution, «una storia che si è dipanata da quando è stato dipinto 115 anni fa. C’è l’intreccio di due famiglie in questo dipinto, entrambe importanti mecenati di Munch. I Glaser e gli Olsen erano così importanti per Munch che egli dipinse sia Henrietta Olsen che Elsa Glaser (mogli di Thomas e Curt). Siamo orgogliosi di partecipare al prossimo capitolo dell’opera, celebrando al contempo l’eredità dei mecenati che hanno contribuito in modo determinante a sostenere la visione di un così grande artista».
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