Di quei profili di calici opalescenti esposti nei musei, composizioni di bacche, pesche intatte, grappoli di uva turgida, traslucida, mezzelune di mele mature. Qua e là anche ostriche salmastre, conchiglie, forse un carapace rosso fuoco. E poi piatti, ciotole in argento, riccioli di limone che si avvitano nell’aria – spirali informi – come a fuggire con garbo dall’intelaiatura. Nel 2019, Sotheby’s vendeva una tela di Pieter Claesz per $ 2,5 milioni. Nel 2004, a Londra, era ancora la maison di Drahi a incassare £ 1,3 milioni per una still life di Floris Van Dick. Da BRAFA, quest’anno, allo stand di Jan Muller Antiques, un Pieter Claesz del 1640 era tra i soggetti più ammirati della fiera. E proprio una settimana fa, a Ginevra, la galleria De Jonckheere rivelava la cessione di un rarissimo Maria van Oosterwyck – lo stesso vaso che nel marzo 2021, in Francia, passava all’incanto per € 650mila. Tulipani striati, trasparenze ostentate, riverberi di luce. Ed ecco la notizia: Sotheby’s annuncia la vendita delle nature morte appartenute a Juan Manuel Grasset, collezionista raffinato, attento, scomparso nel 2020. In altre parole: una delle più grandi raccolte di nature morte olandesi e fiamminghe del XVII secolo mai riunite da un privato. Di quelle che, ancora oggi, impreziosiscono il mercato. Da segnare in calendario, 7 dicembre 2022.
«Da bambino mio padre visitava il Museo del Prado di Madrid per vedere le opere dei maestri spagnoli», racconta Cristina Grasset, figlia di Juan Manuel, «È cresciuto intorno ai dipinti di El Greco che la famiglia di sua madre possedeva». A quarant’anni, poi, la svolta: Juan Manuel Grasset partecipa a un’asta a Londra, rimane folgorato dalla bellezza formale dei dipinti che sfilano, uno dopo l’altro, sotto il martello. Si immerge nell’apprendimento, nei tecnicismi, partecipa alle aste, s’informa, studia, non si ferma. Inizia a comprare. Di lì a poco è uno dei collezionisti d’arte più rispettati, amati e competenti del mercato europeo. Si confronta di continuo con i massimi esperti internazionali. E acquisisce, acquisisce ancora. «Ho un bel ricordo», dice Cristina, «di quando arrivava a casa con un quadro impacchettato e un grande sorriso sul volto. La sua professione di ingegnere civile non faceva che accrescere il suo apprezzamento per la meticolosità dei dipinti che comprava».
C’è una seicentesca natura morta di Jan Davidsz de Heem tra gli highlights della sua raccolta, un dipinto su tavola di piccole dimensioni – da notare i dettagli: le chiocciole perlacee, le spighe, le more succose, troppo mature – rarissimo sul mercato (stima: £ 1-1,5 milioni). C’è la tavola imbandita di Floris Claesz van Dyck, esotica, lussuosa – una variante della stessa tela è esposta oggi al Rijksmuseum (stima £ 600-800mila). Bello il cesto di frutta ad opera di Balthasar van der Ast, i suoi elementi ripercorrono come indizi – un pappagallo scarlatto, una calendula messicana – i commerci gloriosi del Secolo d’Oro (stima £ 200-300mila). Ancora, la composizione multipla di Osias Beert the Elder, quattro vasi in un unico dipinto, che associa le anemoni a umili fiori da giardino (stima £ 400-600mila). E chiudiamo in bellezza proprio con il top lot della selezione, non una natura morta, ma un’eccezionale veduta del Gran Canale di Canaletto. La stima, qui, è di £ 3-5 milioni.
Appuntamento a dicembre, alla Old Masters Evening Auction, in New Bond Street. E in questi giorni, fino al 14 settembre, nelle stesse sale, con un dialogo serrato tra i capolavori di Grasset e otto opere di Rob e Nick Carter.
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