Storie d’amore, di arte e di ossessioni comuni. Quando Mary e George Bloch iniziarono a raccogliere capolavori in giro per il mondo, dalla fine degli anni ’60, non immaginavano di mettere in piedi un simile tesoro. Il loro fu un incontro di menti: George, nato a Vienna nel 1920 da una famiglia di industriali, aveva già formato un’importante collezione di francobolli; Mary, che parlava correntemente il mandarino – e che anni dopo sarebbe diventata uno stimato membro del Peggy Guggenheim Advisory Board –, era sempre stata circondata dalla cultura cinese. Lui girava il mondo per affari, lei coglieva ogni occasione per visitare musei e gallerie. Venne il tempo, ben presto, di creare una collezione comune.
Le condizioni furono subito chiare: avrebbero comprato qualsiasi oggetto solo se avessero potuto permetterselo e se il desiderio fosse stato assoluto, condiviso, irrimediabilmente necessario. Ed ecco l’incontro con Jean Dubuffet: «È stato amore a prima vista, non c’è altra spiegazione», rivela Mary Bloch. «Mi è impossibile trovare le parole per descrivere Dubuffet. Invece, posso ben ricordare come mi sono sentita vedendo i suoi lavori per la prima volta».
C’è Le Guilleret del 1961, che incarna in forma caotica tutta la joie de vivre di Parigi; entrò nella collezione dei Bloch nel 1985, oggi è stimata £ 2-3 milioni. C’è Le retour du soldat del 1964, «caratterizzato», diceva Dubuffet, «da uno stato d’animo più seriamente arbitrario e irrazionale di qualsiasi cosa avessi fatto prima». Forme indiscernibili, scarabocchi come rivelazioni, come storie oscure da interpretare. Valutazione pre-asta: £ 1,2-1,8 milioni. Ancora, Zône habitée del 1980, iniziata negli ultimi anni dell’artista, quasi una sintesi di una vita intera – potrebbe toccare quota £ 650.000. Per quattro decenni, 17 pezzi emblematici di Dubuffet hanno occupato un posto d’onore nelle residenze della coppia, tra Londra e Hong Kong. E adesso sono pronti per passare di mano da Sotheby’s, tra marzo e aprile, con una serie di vendite a Londra e Parigi. La storia di un amore all’incanto.
«Ricordo che George e io una volta dovevamo prendere una decisione molto difficile tra comprare un Dubuffet e un altro lavoro», rivela Mary Bloch. «Alla fine, però, abbiamo scelto Dubuffet. C’è qualcosa di così magico nelle sue opere». Il risultato? Una collezione di opere dell’artista, tutte realizzate nell’arco di 30 anni – dagli anni ’60 agli anni ’80 – fino ad abbracciare cinque delle serie più rinomate, da Paris Circus a L’Hourloupe, da Partitions a Psycho-sites. «È molto difficile descrivere cosa ti piace di un artista. O ti piace o non ti piace, e a noi piaceva proprio tutto di Dubuffet».
Non ci fu solo il pittore dell’Art Brut nei cuori di Mary e George Bloch. Dall’arte occidentale alle porcellane fino agli avori, i due collezionisti si circondarono per amore di tesori estremamente vari. Inclusa la collezione di opere d’arte cinesi che da Sotheby’s Hong Kong, nel 2005, ha totalizzato $ 8,4 milioni, o ancora quella snuff bottle in vetro smaltato che ha toccato il tetto mondiale di $ 3,2 milioni. Acquistava all’asta e attraverso gallerie di fiducia la coppia, Perls a New York e Waddington a Londra in primissima linea. E sebbene i mercanti dell’epoca fossero piuttosto influenti nell’orientare i gusti dei loro collezionisti, i Bloch scelsero sempre le opere che entrambi amavano davvero. Come da patto iniziale.
«Mary e io non avevamo in mente alcun criterio di assemblaggio preciso. Il nostro unico requisito, fin dall’inizio, era che entrambi dovevamo amare l’oggetto», racconta George Bloch. Con un aneddoto che traduce bene il leitmotiv della loro “raccolta”. Una volta, durante un’asta, George stava facendo un’offerta per un lotto quando si accorse che il suo rivale era la signora seduta di fronte a lui. Toccandola sulla spalla, le spiegò che Mary, sua moglie, «voleva davvero quell’opera». Elizabeth Taylor si girò e sorrise a George, poi smise di fare offerte. L’amore a prima vista aveva vinto ancora.
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