Nasceva nel 1994 The Armory Show, il nome rende omaggio alla prima grande mostra d’arte moderna in America, nel 1913. A 30 anni esatti dalla fondazione, la maxi fiera americana torna al Javits Center con 235 gallerie da 35 Paesi (preview vip oggi, 5 settembre, poi apertura ufficiale dal 6 all’8 settembre). Con un antecedente che ha fatto rumore: nel 2023, il colosso Frieze – con le sue fiere sparpagliate tra Londra, New York, Los Angeles e Seoul – aveva annunciato l’acquisizione dell’Armory Show (insieme all’Expo di Chicago), ve ne parlavamo qui. «Siamo entusiasti di presentare questa importante edizione dell’Armory Show», ha affermato Kristell Chadé, Executive Director of Fairs, Frieze. «Negli ultimi 30 anni, The Armory Show è stato un punto fermo del panorama culturale della città, sostenendo l’arte in prima linea e offrendo alle gallerie l’opportunità di interagire con il pubblico di New York». Adesso quindi la resa dei conti, al via l’edizione gestita effettivamente da Frieze.
Alla direzione Kyla McMillan, che ha subito esplicitato l’obiettivo di «incoraggiare i collezionisti e sottolineare il ruolo della fiera come piattaforma per artisti, gallerie e appassionati d’arte».
Sguardo alle gallerie. Tra i big senz’altro Jeffrey Deitch, Victoria Miro, Almine Rech, Nara Roesler e Kasmin – mentre mancano all’appello, proprio come nell’edizione 2023, i giganti blue chip, da David Zwirner a Pace ad Hauser & Wirth. Buona la rappresentanza del Bel Paese, presenti nomi come Luce Gallery (Torino), Francesca Minini (Milano), Galleria Massimo Minini (Brescia), Eduardo Secci (Firenze, Milano, Pietrasanta), Vistamare (Milano, Pescara), Lorcan O’Neill (Roma). E ancora Dep Art (Milano), che in collaborazione con Galeria Raquel Arnaud dà spazio a una personale di Wolfram Ullrich, l’artista che sfida la logica bidimensionale della pittura, creando «volumi e strutture che sembrano sfuggire ai muri, minando le nozioni di prospettiva e illusione». Mentre Luce Gallery (Torino) mette in mostra – tra gli altri – i lavori di Connie Harrison, Peter Mohall, Zéh Palito e Francesco Pirazzi.
Bene articolate le sezioni della fiera. Era Christine Messineo, Director of Americas | Frieze, a dichiarare che «[questa edizione] inaugura una planimetria che migliora l’esperienza dei visitatori con spazi di incontro ripensati, sezioni riorientate, un nuovo teatro che ospita conversazioni con luminari del mondo dell’arte e coinvolgenti attivazioni di partnership».
Ed ecco la resa al Javits Center: c’è ovviamente Galleries, il settore principale. Torna Solo, dedicata a presentazioni più intime, con le opere di un singolo artista emergente, affermato o storico attivo nel XX o XXI secolo. Poi Focus, curata da Robyn Farrell, riprende lo spirito sperimentale e le storie d’avanguardia della fondazione della fiera (un esempio per tutti, in questa sezione: i disegni ad opera di Jimmy Wright che documentano il panorama queer di New York, a presentarli sono le gallerie Corbett vs. Dempsey e Fierman). Mentre Presents mette in risalto le gallerie emergenti attive da non più di dieci anni, mettendo in mostra lavori altrettanto recenti.
Non solo: curata da Eugenie Tsai, Platform esamina – attraverso installazioni su larga scala e opere site-specific – il tema principale della fiera, le ripercussioni storico-artistiche che riecheggiano nel presente. È il caso dell’ultimo lavoro della serie di lacci per scarpe realizzato da Nari Ward, offerto dall’internazionale Lehmann Maupin; o ancora dell’opera scultorea di Sanford Biggers, Chimeras, che lega insieme note sculture greco-romane con maschere africane e crea un effetto complesso, ambiguo (lo espone la Marianne Boesky Gallery).
Tutto pronto per The Armory Show 2024, inizia la fiera di New York.
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