Art Paris Art Fair ossia l’arte come passione, apre, al Grand Palais dal 2 al 5 aprile la sua 22esima edizione, all’insegna della scena artistica emergente con 150 gallerie provenienti da oltre 20 paesi, 1000 artisti rappresentati.
Arte Moderna e Contemporanea per questo must-see della primavera parigina che vede riconfermati il settore solo show e Promesses, dedicato agli artisti nazionali e internazionali di nuova generazione e alle giovani gallerie. Guillaume Piens, il curatore generale, conferma l’impegno della fiera nel rivelare nuovi talenti presentati qui in un libero confronto con grandi figure dell’arte, per un viaggio tra espressioni artistiche diverse provenienti da Europea, Africa, Asia, America Latina e Medio Oriente.
La Spazio Arte Contemporanea di Venezia, la Luca Tommasi Arte Contemporanea di Milano, e le romane Francesca Antonini Arte Contemporanea e la Wunderkammern sono tra le italiane presenti quest’anno.
Curata dal critico d’arte indipendente, Gael Charbau, la sezione dedicata alla scena francese, che riunisce artisti nati negli anni ’80, vede opere ispirate a storie comuni e insolite, singolari e universali. Anita Molinero della galleria Thomas Bernard, Gabriel Léger della Sator, Hervé Télémaque della Rabouan Moussion, sono tra i 21 artisti francesi selezionati per la specificità dei loro progetti.
Dopo l’America Latina, il settore Stelle del Sud accoglie la penisola Iberica con venticinque gallerie e circa 77 artisti, noti o meno, della creazione artistica spagnola e portoghese degli ultimi settanta anni. Curata da Carolina Grau, questa sezione invita il pubblico a scoprire, tra storia e attualità, il movimento surrealista con Julio González, Óscar Domínguez o Joan Miró proposto dalla barcellonese Marc Domènech, o presso la Andres Thalmann di Zurigo, il lavoro di Joan Hernández Pijuan, uno tra gli artisti spagnoli più apprezzati negli ultimi decenni. Molte le gallerie di Madrid partecipanti, come la Freijo che presenta la generazione madrilena degli anni ’70 con l’artista concettuale, Mateo Maté, in dialogo con i lavori di Ramón Mateos, il fondatore del Collettivo El Perro, è quelli di Darío Villalba Flores. La galleria Albarron Bourdais presenta, tra storia e politica, arte e potere, le opere di Cristina Lucas e quelli di Fernando Sanchez Castillo. Il piazzale del Grand Palais vede l’installazione monumentale, Lost Future (2020, 200 x 200 x 500 cm, resina con pigmento blu e rifiuti industriali) di Marisa Ferreira, grazie a una collaborazione con la galleria Presença e la città di Porto. L’opera si ispira al progetto urbano mai realizzato Voisin di Le Corbusier del 1925, dedicato al quartiere parigino del Marais, che prevedeva 18 torri cruciformi in vetro disposte a scacchiera. L’artista portoghese realizza dunque una colonna a forma di croce, per parlarci del divario tra le ambizioni utopiche degli anni ’70 e la febbre immobiliare di oggi. L’Istituto Cervantes e la Fondazione Calouste Gulbenkian a Parigi accoglieranno durante questo weed-end video, installazioni e conferenze.
La sezione Promesses accoglie e supporta quattordici gallerie emergenti provenienti d’Abidjan, Bruxelles, Lima, Lisbona, Roma, Sofia, Marsiglia e Parigi. Con meno di sei anni di esistenza, queste presentano ciascuna da uno a tre artisti emergenti, vedi Faig Ahmed, Bertozzi & Casoni e Veronica Botticelli della galleria Anna Marra di Roma che partecipa per il secondo anno all’evento parigino. Sono una ventina i solo show, come quello di Roger Ballen presso la Caroline Smulders & Galerie Karsten Greve o di Ian Davenport presso la Luca Tommasi Arte Contemporanea, mentre tra le collettive troviamo le coloratissimi foto di Hassan Hajjaj presso la 193 Gallery osannate durante l’ultima Fiac, o le belle sculture di Miguel Branco presso la Jeanne Bucher Jaeger. Una scena variegata che arricchirà un’edizione che ha tutti gli atout per superare i 63.257 visitatori di quella passata, e confermarsi come una piazza dove si incrocia la novità e la diversità.
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