Un vaso bianco, lattiginoso, lucente, qualche increspatura tenue qua e là, come fosse la superficie lunare. Lo conoscono come Moon Jar in Corea, divenne una vera e propria tendenza all’epoca della dinastia Joseon (1392-1897), quando quei contenitori dalla forma rotonda incarnavano perfettamente gli ideali confuciani. Senz’altro la purezza, per la loro superficie omogenea, eburnea, quasi eterea; e poi ancora la moderazione, la capacità di opporsi al caos delle immagini, di rispettare senza impeti l’assenza assoluta di decorazione. Ed ecco che un raro Moon Jar del XVIII secolo torna sul mercato da Christie’s, sfilerà sotto il martello il prossimo 21 marzo, a New York, nel corso della vendita di Japanese and Korean Art. La stima? Una cifra compresa tra $ 1 e 2 milioni.
Qualche dettaglio sulla sua realizzazione. A partire dal colore perlaceo: deriva dall’uso di baekja, un’argilla bianca particolarmente raffinata con poco o nessun ossido di ferro. La temperatura dei forni, anche quella impressionante: almeno 1300° C. «A causa della quantità di calore richiesta per questo genere di vaso», spiegano da Christie’s, «i forni dovevano spostarsi ogni dieci anni circa, per via dell’esaurimento delle riserve locali di legna da ardere». Un processo, s’intende, interamente manuale.
Il risultato è sorprendente. Oggetti bellissimi, immacolati. Di certo fuori dall’ordinario. Ma è solo nel XX secolo che i baekja daeho, i «grandi vasi bianchi», divennero veri e propri collectibles, preziosi beni da collezionare. Fino a raggiungere prezzi stellari. Nel marzo 2021, da Sotheby’s, un esemplare del VIII secolo veniva stimato fino a quota $ 600.000. Da Lempertz, nel 2016, un’altra rara ceramica bianca da 35 cm trovava un acquirente per € 31.000. Poi i numeri da record: un grande vaso di 45,5 cm che nel 2019, a Seoul, toccava il tetto di 3,1 miliardi di won ($ 2,68 milioni).
Non solo, perché anche gli artisti coreani contemporanei, sul modello dei grandi maestri, hanno ricreato i tradizionali vasi lunari. Con vesti sempre nuove. Come l’artista novecentesco Kim Whanki, che spesso li ritrasse nei suoi dipinti («Dalla loro semplice forma rotonda e dal colore bianco puro», scriveva nel 1963 nel poema Jar, «emerge la bellezza misteriosa, complicata e delicata dell’estetica»). O ancora Ik-Joong Kang, che a Londra, nel 2016, intitolava proprio Moon Jar la sua personale da Robilant+Voena, con vasi – su legno, stavolta – di diverse forme, colori, dimensioni.
«In quanto simboli dell’identità coreana», spiegano gli esperti di Christie’s, «i vasi lunari incarnano più della semplice pratica spirituale di un periodo storico, […] riflettono i sottili cambiamenti tra gli oggetti trovati in natura. Questo li fa sembrare più simili alla luna in continua evoluzione di quanto farebbe mai un cerchio perfetto. Aumentano e diminuiscono, e osservandoli potremmo benissimo non vedere mai la stessa forma due volte».
Appuntamento da Christie’s, a fine marzo, con la bellezza delicata – e milionaria – di un raro Moon Jar.
La luna è a portata di bid.
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