Categorie: Mercato

Verdetto finale: Sotheby’s si aggiudica la collezione Landau

di - 13 Settembre 2023

Sotheby’s batte Christie’s, è ufficiale: il colosso di Patrick Drahi si aggiudica la collezione immensa della filantropa Emily Fisher Landau – a distanza di un mese dalle primissime indiscrezioni, ve le annunciavamo qui. Qualche nome dei capolavori che popolano la raccolta, giusto per rendere l’idea: senza dubbio Femme à la montre di Picasso, dell’annus mirabilis 1932; Emily lo acquistò oltre 55 anni anni fa, proprio all’inizio della sua carriera collezionistica, per poi appenderlo sopra il caminetto della sua casa di New York. La stima, oggi? Oltre i $ 120 milioni. A dir poco lungimirante. C’è anche Untitled del 1968 di Cy Twombly tra le prime anticipazioni dell’asta dei sogni, traccia tangibile – ormai milionaria – di quell’incontro avvenuto a Roma negli anni ’60. Valutazione «su richiesta» stavolta, si prevedono raffiche di zeri.

Quindi è definitivo. Sarà la major Sotheby’s a orchestrare la vendita questo autunno, l’8 e il 9 novembre, circa 120 opere pronte a sfilare sotto il martello, per un valore complessivo oltre i $ 400 milioni. «Oggi, dallo storico Breuer Building di New York City», dichiara in pompa magna Charles F. Stewart, Sotheby’s Chief Executive Officer, «siamo entusiasti di annunciare la vendita di una collezione storica assemblata grazie alla visione unica di Emily Fisher Landau, che qui ha svolto un ruolo di trasformazione. Siamo onorati di portare avanti la sua eredità, condividendo la sua collezione con il mondo in una serie di eventi di prestigio che caratterizzano la nostra stagione di punta e che saranno ricordati per gli anni a venire». Scacco matto, con tanti saluti alla competitor Christie’s.

E dire che la collezione di Emily Fisher Landau, moglie dell’imprenditore immobiliare Martin Fisher, era nata da un evento infausto, o quasi. Era il 1969, dei ladri, travestiti da tecnici per la manutenzione, portarono via dal suo appartamento, nell’Upper East Side, i suoi gioielli più preziosi, primo fra tutti un diamante blu da 39 carati. «Ho ancora le foto di tutti i gioielli», rivelerà più avanti. «Le guardi e rimani a bocca aperta. Anche se la Lloyds di Londra ha pagato, non c’era modo di rimpiazzare quella collezione. Era così bella. E se la sono presa in un colpo solo… Ero distrutta». Da lì la scelta inaspettata: «Decisi che non volevo più i gioielli. Ora avevo i soldi per una collezione».

Mrs Fisher Landau davanti all’opera di Fernand Leger’s “Etude pour Les Constructeurs” nella sua casa di Manhattan nel 2002. Courtesy of Sotheby’s

La nuova vita ha inizio nel 1968 con l’acquisto di un mobile di Alexander Calder – che Emily appende senza alcuna esitazione sopra la vasca da bagno, prima eco del suo estro fuori dal comune. Poi è la volta del colpo di fulmine per Josef Albers, lo vede esposto alla Pace Gallery di New York («Dal momento in cui ammirai quell’Albers», dirà più avanti, «capii che amavo la semplicità»). Poi Léger, Dubuffet, a ruota Matisse, Mondrian, Klee. Un’ossessione, un’unica immensa collezione. E cresce, ancora e ancora.

Tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, Emily diventa una habitué degli studi d’artista, lo sguardo sempre più ancorato al presente, all’arte contemporanea, ai suoi linguaggi così legati alla cultura, alla vita, all’attualità più cruda. Arriverà a radunarne circa 1500 di opere, alla fine, le più eterogenee, tra maestri moderni e promettenti sconosciuti (ben presto ultra-noti) contemporanei. Non solo: molti di quei capolavori hanno incrociato lo sguardo del pubblico tra il 1991 e il 2017 presso il Fisher Landau Center for Art fondato a Long Island City, nel Queens. Josef Albers («My beginning point as a collector»), Mark Rothko, Georgia O’Keeffe, John Baldessari, nessun gigante escluso.

A proposito di artisti americani: risale al 2010 la straordinaria donazione di oltre 350 lavori – del valore compreso tra i $ 50 e i 75 milioni – al Whitney Museum of American Art di New York, incluse 44 opere di Jasper Johns e 18 di Robert Rauschenberg. «Quando Emily ha iniziato ad acquistare arte contemporanea», spiegava allora Leonard Alan Lauder, tra i principali benefattori del Whitney, «gli artisti erano giovani, e molti di quelli che ha sostenuto sono diventati nomi famosi».

Non sorprende, insomma, che le major Sotheby’s e Christie’s abbiano fatto a gara per aggiudicarsi il suo patrimonio. Occhi puntati sull’esito finale.

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