Willem de Kooning. Olandese di nascita, americano di adozione. Forse l’unico degli espressionisti astratti newyorkesi che non abbandonò mai del tutto le figure, preferì ferirle a colpi di pennello, le sue donne, le autostrade che amava percorrere, poi il cavallo, l’uomo, la bottiglia, la sedia. «Anche se ciò non significa che altri le vedranno», diceva, «so che, qualora sia riuscito nel mio intento, il quadro ne conterrà l’immagine. Poi ognuno le interpreterà come vuole». Nell’anno di grazia 2024, in concomitanza con la 60esima Biennale, le Gallerie dell’Accademia di Venezia dedicano all’artista la più grande retrospettiva mai ospitata in Italia, a cura di Mario Codognato e Gary Garrels. Ruota tutta intorno al suo soggiorno nel Belpaese, prima nel 1959, poi esattamente dieci anni più tardi, nel 1969, per un totale di circa 75 opere dalla fine degli anni ’50 agli anni ‘80. E mette in dialogo Door to the River, A Tree in Naples e Villa Borghese, i suoi bronzi, i disegni creati subito prima, durante e dopo quel viaggio straordinario. L’Italia in testa, tradotta in frenesia. L’occasione perfetta per uno sguardo al mercato del pittore.
Ha chiuso il 2023 con un turnover di $ 81,5 milioni de Kooning, alla posizione 18 del world ranking di Artprice. Erano $ 165,5 milioni nel 2022, $ 88,9 milioni nel 2021, $ 67,4 milioni nel 2019, lo spartiacque pre-pandemia. Ma nel settembre 2015 il dipinto Interchange (1955) guadagnava il primato come opera d’arte più costosa di sempre – scavalcata due anni più tardi dal famigerato Salvator Mundi di Leonardo. La vendeva in trattativa privata la David Geffen Foundation a Kenneth C. Griffin, a Chicago, per la modica cifra di $ 300 milioni, per poi finire in prestito all’Art Institute di Chicago. Altre comparse fuori dall’ordinario: quella volta in cui, correva l’anno 2018, Untitled XII del 1975 passava di mano dal magnate Paul Allen (il co-fondatore di Microsoft, nonché il proprietario della collezione più costosa mai transitata all’incanto, $ 1,6 miliardi nel novembre 2022) alla Lévy Gorvy Gallery, che si affrettava a esporla tra gli highlights di Art Basel Hong Kong con un asking price di $ 35 milioni. Poi senz’altro Woman as Landscape (1954-55), il suo record d’asta assoluto, proviene dalla famosa Collezione Barney A. Ebsworth e nel 2018 sfiorava da Christie’s i $ 69 milioni, seguito a ruota dai $ 66,3 milioni per Untitled XXV del 1977 (Christie’s, 2016).
Che cosa ricercano, quindi, i collezionisti? «Le opere tarde di Willem de Kooning sono sempre più ambite, basta un’occhiata ai risultati d’asta», rivela a exibart Jutta Nixdorf, Senior Specialist 20/21 Century Art and Managing Director Christie’s Zurich. «Anche la mostra recentemente inaugurata all’Accademia dell’arte di Venezia», afferma, «è una testimonianza del crescente interesse per il suo ultimo periodo. I collezionisti hanno spostato lo sguardo sulle ultime tre decadi dei lavori di de Kooning, che fino a dieci anni fa ricevevano meno attenzione da parte del mondo dell’arte. Così alcuni dipinti degli anni ’80 hanno toccato nuove vette, hanno raggiunto prezzi fino a $ 20 milioni». Il motivo? «Una nuova percezione di quella fase», risponde Nixdorf, «ma anche l’arrivo sul mercato di più dipinti relativi agli ultimi anni».
E così, da Sotheby’s, lo scorso novembre, un olio su tela Untitled del 1985 passava di mano per $ 5,3 milioni durante la Contemporary Evening Auction di New York, anticipato un paio di settimane prima da Untitled XV del 1983 ($ 8,6 milioni, Sotheby’s New York) e da Untitled III del 1984 (Christie’s New York). «Willem de Kooning è un artista che ammiro da tempo», racconta a exibart Kelsey Macpherson, Contemporary Specialist di Sotheby’s, «è senza dubbio uno dei nomi più importanti del secolo scorso, le cui notevoli sperimentazioni hanno contribuito a definire il movimento dell’Espressionismo astratto». Poi, sul suo mercato: «È cresciuto sempre più nelle ultime stagioni», spiega. «Poiché sono disponibili meno opere giovanili di grande calibro, stiamo assistendo a un aumento della domanda per le sue opere successive, in particolare quelle della fine degli anni ’70 e dell’inizio degli anni ’80. I collezionisti sono desiderosi di cercare altre opportunità per acquisire esempi di qualità museale».
Restano le opere degli anni ’50 e ‘60, tuttavia, il Sacro Graal dell’artista, la serie delle Donne in primissima linea («Non mi sento affatto un pittore non figurativo», diceva, con tanti saluti alle etichette tradizionali). Non a caso: è Woman as Landscape il massimo traguardo di de Kooning, perlomeno in asta. Una silhouette erotica, materializzata lì come all’improvviso, quasi un’impressione di carne, di volto, di gambe, tutti stagliati sul verde intenso dei campi, sullo sfondo azzurro cielo. In giro per il globo, esemplari simili costituiscono i capisaldi di collezioni istituzionali fondamentali, dal MoMA al Whitney Museum di New York, fino alla National Gallery of Australia, a Canberra. In mostra, a Venezia, troviamo Woman, Sag Harbor, 1964, ancora Woman Accabonac, 1966 (dal New York, Whitney Museum of American Art). E per finire Woman on a Sign II, del 1967, oggi alla Sarofim Foundation Collection; nel 2012 passava da Sotheby’s, a New York, per $ 2,9 milioni.
A proposito del suo doppio viaggio in Italia, tema centrale della mostra veneziana: quando arriva nella Penisola per la prima volta, nel 1959, de Kooning è all’apice del successo commerciale, la sua personale alla Sidney Janis Gallery aveva venduto tutte le opere già il giorno stesso dell’inaugurazione. Ed ecco Villa Borghese del 1960, tra i dipinti esposti oggi alle Gallerie dell’Accademia, la maxi retrospettiva inaugurata il 17 aprile 2024, in concomitanza con l’apertura della 60esima Biennale Arte. La stessa tela passava da Christie’s nel lontano 1991 – de Kooning morirà sei anni più tardi, nel 1997, nessun death effect in vista ancora – per la modica cifra di $ 2 milioni. Oggi è parte della prestigiosa collezione del Guggenheim di Bilbao. Altri due dipinti dello stesso periodo, provenienti da altisonanti collezioni pubbliche ed esposti a Venezia, insieme per la prima volta, sono Door to the River e A Tree in Naples. «Sto lentamente sviluppando una nostalgia per qualcosa del passato più prossimo», scrive de Kooning ad Afro nel giugno del 1960, riferendosi al suo viaggio in Italia, «che al tempo stesso mi sembra remoto, ma essendo così vicino mi è fortemente familiare».
Non solo dipinti, c’è una bella selezione di disegni tra gli highlights dell’esposizione, dalle opere in bianco e nero del 1959 fino ai quattro lavori a inchiostro realizzati a Spoleto nel 1969. È fissato a quota $ 6,4 milioni il traguardo per un disegno di de Kooning, in asta, è – guarda caso, anche stavolta – una Yellow Woman del 1952 (Sotheby’s, 2015). Insieme, morbida, violenta, feroce, controllata, sensuale, correlativo oggettivo di – malcelata – ossessione. Di recente, nel maggio 2023, sempre Sotheby’s assegnava un altro importante carboncino dell’artista, Two Figures del 1946-47; proviene dalla Mo Ostin Collection ed è passato di mano, a New York, per $ 5,8 milioni. Infine, le sculture: è il bronzo in edizione 1/7, Clamdigger, anno 1972, a detenere il record assoluto, fermo da quasi un decennio a quota $ 29,3 milioni (Christie’s 2015). In mostra, a Venezia, scopriamo tra gli altri Cross-Legged Figure del 1972: la superficie increspata, che devia la luce sugli incavi, sulle scanalature, si libra in aria, nodosa, turbolenta, trasposizione esatta della pittura di de Kooning. Della sua lotta corpo a corpo con la figura. Nel 2014, da Christie’s, uno dei sette esemplari della serie trovava un acquirente per $ 2,1 milioni, un altro, oggi, è custodito ad Amsterdam, nella collezione dello Stedelijk Museum.
«È davvero assurdo oggi riprodurre un’immagine, l’immagine dell’uomo, con la pittura, poiché abbiamo la possibilità di scegliere se farlo o meno. All’improvviso, però, non farlo mi è parso più assurdo. Temo allora che dovrò obbedire ai miei desideri».
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