Non accenna a risolversi la querelle intorno alle sorti dell’Atleta Vittorioso di Lisippo che, esposto al Getty Museum di Malibù, dovrebbe essere restituito all’Italia ma, al momento, è ancora negli Stati Uniti, nonostante una sentenza della Corte di Cassazione. Per deliberare sullo spinoso argomento e per individuare una strategia distensiva, si è riunito il Comitato per il recupero e la restituzione dei beni culturali, presieduto dal Ministro Alberto Bonisoli, che già aveva affrontato la questione in una prima riunione a gennaio.
Il 9 maggio scorso, il Ministero inviò al Getty una missiva nella quale il Segretario Generale, ribadendo la piena volontà del Ministero a mantenere i consolidati rapporti con il museo e a proseguire le collaborazioni già in atto, ha fatto appello alla diplomazia culturale come valore per dirimere le controversie. La richiesta formale consisteva in un incontro con i vertici del museo americano, da organizzare nel più breve tempo possibile, un incontro che «non potrà che fondarsi sull’ineludibile reciproco riconoscimento delle fonti giuridiche e delle statuizioni giurisdizionali comuni», si legge nella lettera. Nonostante i toni garbati e distensivi, la replica è stata piuttosto generica, per non dire controversa: saranno avviate le opportune verifiche e una sarà inviata «as soon as possible».
In realtà, la storia è già piuttosto vecchia. L’Atleta di bronzo, attribuito allo scultore greco Lisippo, fu trovato nel 1964, a largo del Monte Conero, da un pescatore fanese che successivamente la vendette per circa 3 milioni e 500mila lire a un commerciante d’arte tedesco. Quattro persone coinvolte finirono in tribunale ma, nel 1970, dopo anni di udienze, gli imputati furono assolti perché era impossibile accertare il valore artistico della statua di cui, nel frattempo, si erano perse le tracce. Poi, nel 1974, l’acquisto del Getty, dalla estate del mercante d’arte tedesco Herman Heinz Herzer, per la cifra di 3,9 milioni di dollari, nonostante le perplessità sulla legittimità del titolo di provenienza già allora avanzate dall’amministrazione del Metropolitan Museum di New York, partner del Getty nella trattativa. La Cassazione espresse il suo inequivocabile parere a gennaio 2019, dando il via a un ordine esecutivo, successivamente tradotto e notificato alle autorità americane che, per il momento, prendono tempo.
Ma di particolari da chiarire ce ne sono molti. Infatti, il Mibac ha chiesto al Getty informazioni riguardanti anche diversi altri reperti, sempre lì esposti: due sculture funerarie esportate illecitamente e provenienti da Palazzo Spaventa di Preturo, in provincia di L’Aquila, un mosaico con testa di medusa (II sec. d.C.), rubato al Museo Nazionale Romano, e una tela ottocentesca raffigurante L’oracolo di Delfi di Camillo Miola, rubata dall’Istituto San Lorenzo di Aversa tra il 1943 e il 1946.
Sempre nella stessa riunione del Comitato, è stato dato atto della lettera inviata dal Ministero allo Staatliche Antikensammlungen di Monaco, con la richiesta di restituzione di un Trofeo con armi, di produzione apula o italico-meridionale del IV secolo a.C., riconducibile a scavi illeciti e illegalmente esportato. Su questa opera è stata anche avviata una rogatoria internazionale.