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Nel corso della lunga discussione in Senato di due giorni fa, il Ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli pareva un filo malinconico, seduto al posto più distante dall’insolitamente vulcanico premier Giuseppe Conte. Eppure, per il rettore del Mibac, le cose sembrano proseguire discretamente, non solo per il successo del blitz del 16 agosto, con il quale è stata approvata la sua Riforma dei musei, di cui vi abbiamo già profusamente parlato e che è entrata in vigore oggi. Ma anche perché, grazie all’accordo pur spinoso tra Movimento 5 Stelle e Partico Democratico basato sui cinque punti elencati da Nicola Zingaretti, dovrebbe essere scelta una via mediana, tra continuità e discontinuità, per formare una nuova maggioranza, portando però avanti manovre e provvedimenti già avviati, come i vari concorsi già banditi. Oltre che confermando gli incarichi. E la poltrona di Bonisoli, pur se in disparte, pare non essere tra quelle più a rischio. Ma in situazioni del genere mai dire mai.
E infatti arriva come un fulmine a ciel sereno il commento di Anna Ascani, capogruppo del Partito Democratico nella commissione Cultura della Camera, che ha attaccato duramente il decreto e in particolare le modalità con le quali è stato inviato per l’approvazione, senza aver informato né i sindacati né il Consiglio Superiore dei Beni Culturali: «Da Bonisoli una grave scorrettezza istituzionale, un atto profondamente sbagliato». Giova ricordare che Ascani è vicina all’ala renziana del PD e, quindi, a un altro fedelissimo di Matteo Renzi, Dario Franceschini, al quale, a sentir parlare di riforme staranno fischiando le orecchie e prudendo le mani. Comunque piuttosto impegnate, visto che, pare, sia stato tra i consiglieri dei cinque punti di Zingaretti per un accordo con il Movimento. In caso di rimpasto, potrebbe essere un nome affidabile. Chissà…
Comunque, buon sangue tra Ascani e Bonisoli non era mai corso e punzecchiature erano arrivate a più riprese, fino alle sciabolate. «Una controriforma che serve soltanto a cancellare le iniziative dei nostri governi e a punire le realtà più dinamiche e innovative consegnando il potere a burocrati intoccabili e mettendo a rischio investimenti triennali già programmati», scriveva il capogruppo PD sulla sua pagina Facebook, alcune settimane fa. Il riferimento è all’autonomia dei grandi Musei, un caposaldo della precedente riforma del Mibac, firmata nel 2014 da Franceschini, e che la nuova manovra andrebbe invece a minare dalle fondamenta. Cioè a partire dall’eliminazione dei Consigli di Amministrazione, un simbolo di quell’orientamento. «È la pietra tombale sulla libertà di gestione dei musei e sulla Riforma Franceschini», si scrive sull’edizione fiorentina del Corriere della Sera.
Immediata la risposta del Mibac che, ad AgCult, ha precisato i punti della riforma, spiegando che «I Musei resteranno autonomi, non verrà abolita l’autonomia, anzi, il ministro ha sempre detto che vorrebbe che tutti fossero autonomi. Nel comitato scientifico entrerà un componente del Comune dove si trova il Museo e un componente verrà nominato direttamente dal Direttore del museo, rafforzando quindi la sua autonomia scientifica». Proprio i comitati scientifici saranno un nuovo centro di potere: potranno dare l’assenso al programma di attività annuale e pluriennale del museo, verificandone la compatibilità finanziaria e l’attuazione, approvare le politiche di prestito e di pianificazione delle mostre, predisporre delle relazioni annuali di valutazione dell’attività del museo.
Secondo quanto si apprende, i cda sarebbero stati considerati organi superflui e, per semplificare i passaggi burocratici e dare, anzi, maggiore libertà ai direttori, nella riforma Bonisoli sono stati aboliti. «Anche nella precedente riforma, i cda non hanno mai approvato i bilanci: venivano adottati, veniva espresso un parere ma poi era sempre la Direzione ad approvare». La ratio del decreto di riorganizzazione è dunque volta a razionalizzare e semplificare la gestione dei siti, ma non chiude all’autonomia dei medesimi», continua la nota. «Proprio per questo il decreto di riorganizzazione nel definire all’articolo 29 quali istituti sono dotati di autonomia prevede espressamente la possibilità di crearne di nuovi con ulteriori decreti ministeriali da adottare in attuazione della riforma. Lo stesso Bonisoli in diverse pubbliche occasioni ha affermato la volontà di istituirne di nuovi, a costo zero, come nel caso del Vittoriano. Tutto questo rientra nel progetto più complessivo di migliorare l’efficienza dei musei che sono e rimarranno all’interno della gestione statale».