In un famoso saggio italiano su Jan Fabre le parole chiave usate per descrivere la sua produzione artistica erano il labirinto e la bellezza . Il labirinto presuppone un viaggio, che può essere esterno a noi, anche interiore. E del viaggio intrapreso da Fabre non ci sono un inizio e una fine: da sempre infatti la sua l’attenzione è rivolta alla decifrazione del reale; inoltre ogni linguaggio è stato usato alla ricerca del sè, della Natura e del segreto della sua Bellezza. Teatro, arte, cinema, danza e scultura: tutto, compreso il proprio corpo, è stato coinvolto in questa frenetica lettura del mondo.
In questa mostra, per la prima volta in Italia, sono presentati i lavori cinematografici e una vastissima produzione di disegni che abbraccia gli anni dal ‘77 al 2001.
Le immagini spiazzano, contengono le cifre della follia, dell’incubo, dell’angoscia e del sogno con cui l’artista invita a misurarsi. E non si può sfuggire a questa proposta, perché la forza che esplode nei lavori di Fabre non è teorica, ma assolutamente corporea e propria di ogni momento della sua stessa vita. Una vita d’artista quindi, un laboratorio vivente, dove tutto è provato per capire. Come in un’osservazione scientifica, in particolare proprio come nell’entomologia, visto che Jan è nipote dell’illustre scienziato Jean-Henry Fabre. Infatti tutta la sua produzione scultorea più conosciuta è costituita da elementi appartenenti al mondo
I film proposti, dai più recenti ai più vecchi, contengono le nervature della sua opera , con al centro il ciclo di nascita-vita-morte-rinscita. Il linguaggio del cinema, fatto di movimento e tempo, è inoltre il mezzo perfetto per le immagini di Fabre. C’è lentezza in De Schede (Hé wat een plezierige zottigheid!), velocità in Tivoli, ripetizione di gesti proposti all’infinito in Zellfmorood? o De Zak. In Een Ontmoeting / Vestrecha invece Fabre costruisce una situazione grottesca e visionaria dove l’artista e il russo Kabakov, vestiti l’uno da scarabeo e l’altro da mosca, dialogano dal terrazzo di un grattacielo di New York sulle analogie che intercorrono tra il mondo degli insetti e il sistema dell’arte, e sul ruolo dell’arte nelle società umane e i sistemi politici totalitari.
Nei disegni l’artista usa qualsiasi mezzo, dall’inchiostro di china alla penna biro, dal proprio sperma al proprio sangue. Una provocazione verso il mondo
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