Un uomo in lotta con le sue tele. Un corpo a corpo con la pittura, col colore, con la materia viva dell’arte. George Mathieu era un artista eccentrico, eccessivo, un pittore esplosivo ed “iper-cinetico”, e la sua era un’arte somatica.
Spesso Mathieu si cimentava in vere e proprie esibizioni pubbliche, performance dal tono teatrale, in cui la sua pittura materica, veloce e concitata si faceva grido, azione, corsa, gesto, parola primordiale e automatismo psichico. Una matrice surrealista, connessa a questi stati creativi di trance, orienta e connota il suo lavoro, ma le differenze sono immediate: nessun riferimento a forme e oggetti riconoscibili, nessuna retrolettura psichica, nessun intento analitico di pulsioni inconsce. Le uniche pulsioni a cui soggiace il gesto pittorico di Mathieu riguardano una fisicità dirompente, una istintualità che ha a che fare con l’ esistenza, col substrato corporeo dell’essere e della natura. I suoi segni non sono simboli. E nemmeno grafismi portatori di significato.
Il segno – in antitesi alle teorie saussuriane – non porta un significato, ma è significato, non esprime né rimanda, ma esiste, deformandosi, espandendosi, uscendo da sé per prendere corpo e spazio. La retrospettiva milanese, curata da Daniel Abadie e Dominique Stella, riesce a trasmettere questo impatto violento, e a dare un’immagine di Mathieu poderosa e intensa. Il percorso espositivo, ben ideato e orchestrato, parte dai primi lavori dell’artista, caratterizzati da un raffinato astrattismo organico, attraversa via via i grandi capolavori degli anni 50’, che ne decretarono la fama internazionale nell’ambito dell’informale segnico e gestuale, e arriva fino alle tele più recenti, caratterizzate da un’ estrema dilatazione cromatica e spaziale. Sono quadri di grandi dimensioni, alcuni giganteschi, tutti di ottima qualità, provenienti da collezioni private e pubbliche, europee, americane ed asiatiche.
helga marsala
mostra visitata il 14 ottobre 2003
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