Nella sezione Present Future di Artissima 2003, l’albanese trapiantato negli States Helidon Gjergji (Tirana, 1970. Vive a San Francisco) aveva riscosso un notevole interesse, grazie all’intersecazione matura e originale di action painting e critica mediologica. Proprio a questa riflessione, impercettibilmente calcata sul secondo versante, è dedicata la mostra prodotta da Rossana Ciocca nel nuovo spazio di via Lecco. In un ambiente atipico -ricordando la precedente sede della galleria, certo più tradizionale- che sarà profondamente ripensato durante l’estate, Gjergji ha allestito quattro installazioni site specific.
In ordine d’apparizione, Hawaii (2004) è una piscina gonfiabile circolare per bambini, con qualche dito d’acqua. Come spade di Damocle, sei televisori portatili da 5’’ sono sospesi su di essa e, dopo l’intervento a smalto dell’artista, proiettano l’immagine delle lettere che costituiscono il titolo dell’opera. Il suono disturbato delle televendite che proviene da ciascun apparecchio non fa che aumentare il senso di disagio che sprigiona questa icona della finzionalità postmoderna, ove un presunto paradiso naturale è mostrato in tutta la sua immaginifica iper-realtà, nel senso in cui Jean Baudrillard intende questo termine. Sulla parete antistante, un video proietta immagini virate e sgranate con un sottofondo live-tv, autentica cifra dell’esposizione.
Ad una prima impressione, che farebbe pensare a riprese in dettaglio al limite dell’astrazione, si sostituisce la consapevolezza che Gjergji ha ripreso con una prospettiva dall’alto e appena scostata uno schermo televisivo sul quale passavano immagini di vario genere, dal film poliziesco alla soap opera. A seconda della tipologia di trasmissione, variano le dominanti cromatiche, naturalmente i suoni, nonché la vibrazione della telecamera. Le ultime due installazioni che si fronteggiano sono Physio-Tv (2002) e Action TV Painting (2003). La prima mette in scena i piccoli televisori di Hawaii, schermati da bottiglie di birra in vetro verde e marrone alle quali è stata asportata l’etichetta. La programmazione caotica viene così resa pura forma ondeggiante sul suono confuso di innumerevoli voci e rumori, significando l’obiettivo annichilente di una microfisica del potere che porta al grado zero le relazioni interpersonali e l’esprit critique, in favore di un abbruttimento costituito da una miscela di ovattamenti mediatici e stordimenti alcolici. La seconda installazione è stata presentata ad Artissima in una forma più articolata. Non è un caso che l’albanese abbia vinto nel 2004 il Project Grant della Fondazione Pollock-Krasner di New York.
Infatti, reinterpretando il “dripping” sugli schermi televisivi, Gjergji crea due totem brancusiani inquadrati in altrettante tele, attraverso le quali le immagini sono flou e possono essere agite mediante i telecomandi messi a disposizione dei visitatori. Alla gestualità di Jackson Pollock viene sostituita la pseudo-sovranità del telespettatore esercitata con lo zapping. Sarà lecito in campagna elettorale?
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