Vanessa Beecroft nasce proprio a Genova nel 1969 e, diplomatasi all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1994, fonda la propria poetica espressiva su performance che attraverso l’utilizzo di tableaux vivants in brevissimo tempo la conducono ad essere riconosciuta a livello internazionale.
L’artista espone infatti le sue opere nei più importanti musei del mondo, tra i tanti il Gugghenheim Museum di New York (1998) e la Kunsthalle di Vienna (2000) e partecipa ad importanti esposizioni internazionali come la Biennale di Venezia (1997, 2001).
Negli eventi artistici che propone, la Beecroft mette in scena generalmente giovani donne, spesso discinte che, con fare ieratico e indifferente, compiono lentissimi e semplicissimi movimenti apparentemente naturali, come lo spostamento di peso da una gamba all’altra o il passaggio dalla posizione eretta a quella seduta, sottostanti in realtà a curatissime coreografie.
A Genova tutto questo avviene nella sala del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale, la stessa dove dal 20 al 22 luglio 2001 ha avuto luogo il vertice del G8.
Il “materiale” esposto a Genova da Vanessa Beecroft è composto da trenta modelle di colore uniformemente vestite con essenziali bikini neri, altissimi tacchi e grandi parrucche ricciute. Esse appaiono noncuranti, annoiate ed indifferenti all’occhio dello spettatore col quale condividono uno spazio (la sala del palazzo Ducale) ma non un luogo, se per esso s’intende un ambito spaziale idealmente determinato.
Le modelle sono presenti ma non accessibili: si offrono infatti allo sguardo dello spettatore, ma ne sfuggono la sua comprensione; mettono in mostra il proprio corpo, ma continuano a detenerne l’assoluta proprietà .
Il gruppo di ragazze, apparentemente soggetto agente, in realtà non è altro che materiale vivente, dalle precise connotazioni cromatiche e materiche, atto a generare l’opera d’arte; esso appartiene chiaramente al mondo della rappresentazione dovendo obbedire a regole di composizione e portamento, l’omologazione stessa ne è un esempio, cui lo spettatore è esente.
Da un lato dunque si ha a che fare con uno dei temi dominanti nel linguaggio espressivo di Vanessa Beecroft: la messa in scena della corporeità ; dall’altro emerge l’intenzione di proporre un’opera d’arte leggibile su diversi livelli: quelli della multidisciplinarietà e della multimedialità .
Le trenta modelle sembrano per un attimo cariatidi facilmente confondibili con le statue neoclassiche presenti nella sala del palazzo Ducale; allo stesso tempo sottostanno agli equilibri cromatici e compositivi propri della pittura e a quelli spaziali della coreografia. Tutto ciò avviene in uno spazio facilmente riconducibile a quello teatrale, con un ideale palcoscenico, delimitato dalla campitura bianca della pavimentazione su cui sono collocate le modelle, un pubblico, uno sfondo e luci di scena.
L’opera viene fotografata e filmata e per questo riproposta, nell’attuale mostra, a distanza di alcuni mesi, assumendo una forma artistica nuova. L’occhio del fotografo sostituisce quello dello spettatore e la foto, proponendo l’immagine di un evento, diventa al tempo stesso un oggetto a sé stante.
Le immagini e i video della rappresentazione, grazie alle caratteristiche di trasportabilità e riproducibilità , entrano così a far parte del mondo globale, lo stesso discusso, analizzato, combattuto pochi giorni dopo a Genova.
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Spettacolo!
Vanessa, nonostante una certa ripetitività , è la migliore artista italiana dell'ultima generazione (e, naturalmente, una delle maggiori del mondo). Mescola la storia dell'arte con il design, la performance con il linguaggio della pubblicità , il teatro con fashion. Non plus ultra.
Non è grave. Secondo me invece è geniale: basti pensare a questa mostra di Genova: le modelle si inseriscono perfettamente nel contesto della Sala di Palazzo Ducale. Diventano esse stesse elementi barocchi di una composizione.
Non mi piacciono i lavori di Vanessa Beecroft. Queste donne esibite come fenomeni da baraccone mi hanno incuriosito la prima volta che le ho viste, annoiato la seconda, e dalla terza in poi mi fanno venire il mal di stomaco. SarĂ grave ???
Vanessa Beecroft è una delle mie artiste preferite...e il termine ripetitivo non mi pare adatto a commentare le sue opere...
la ripetivita' di un o una artista e segno di decadenza concettuale!!!
ma anche della presenzaa fianco dell'artista di persone che tengo e manovrano i fili della comunicazione!!!
cerchiamo di non creare altri mostri economici com le beecroft e cattelan maqualcosa di piu autonomo e che si mantenga tale per garantirci un comunicazione e un'indagine sociale pura e non controllata !!
e poi fa opere anti g8 con che faccia!!
mangia mangia e chi se ne frega tanto siamo animali da meraviglia!!!
bhe...ragione a dire del perfetto sposalizio trĂ soggetto e contesto !
ma sfido chiunque a non fare qualkosa di quantomeno "esteticamente gradevole" in quel contesto !!