Promossa da Bruna Aprea, Giulio Crisanti e Alfredo Mazzotta della Commissione Artistica Annuale 2002/2003, la mostra racconta, sdoppiandosi in due percorsi quasi speculari, l’avvicendarsi e il confondersi, nel Novecento, dei due estremi dell’arte: la materia e il segno.
Al segno grafico, traccia gestuale o parola s critta, al suo progressivo liberarsi da forme e colori è dedicata la prima metà della visita, D al futurismo a Kiefer alfabeti dell’arte del Novecento, un viaggio curato da Lorella Giudici che prende le mosse dai primi giocosi esperimenti di Balla, Soffici e Carrà, con i collages e le poesie visive, per addentrarsi nelle più recenti sperimentazioni degli anni Cinquanta e Sessanta: da Osvaldo Licini a Marcel Duchamp, da Mark Tobey a Cy Twombly, da Alighiero Boetti a Bruce Nauman, sfiorando la pittura materica per arrivare alle “ascetiche” astrazioni del Concettuale, come Water di Joseph Kosuth, del 1968, in cui il nome scritto di un oggetto – acqua, appunto – diventa l’oggetto stesso dell’arte.
Segno e materia, dunque, come due termini opposti che si alternano e si respingono, l’uno traendo forza dall’altro, e che qualche volta convivono, anzi coincidono, come nella intensa e simbolica pittura di Anselm Kiefer, l’artista più rappresentativo della Germania contemporanea e del travaglio spirituale della sua generazione. Due opere di Fausto Melotti, Alfabeto del 1970 – una serie di lettere fantasiosamente reinventate – e Contrappunto IV – un’altrettanto fantasiosa scultura in ferro – fanno, si può dire, da trait d’union con la seconda parte dell’esposizione, Da Burri a Kounellis metalli e ossidazioni, a cura di Rachele Ferrario, un originale percorso dedicato alle sculture in metallo, un solo “medium” per artisti profondamente diversi tra loro: dalla disperata “pesantezza” dell’Informale – Burri, Fontana, Chillida – alla elegante, delicata levità di Alexander Calder, la materia, con la sua misteriosa evidenza (e invadenza) fisica, è stavolta vera protagonista, il solo possibile autore: è la materia che “sente” le combustioni, le compressioni, unici segni rimasti all’uomo per esprimere la propria esistenza. Di là dall’umano, direbbe Alberto Savinio, resta la materia col suo linguaggio di segni: che sia il sordo, impenetrabile Cementarmato di Giuseppe Uncini (1961), la Compression di César o la gaia serie di Cerchi progressivi di Getulio Alviani.
Due mostre in una, dunque: eppure, in fondo, fortemente legate tra loro, tanto da bilanciarsi e completarsi a vicenda, tracciando un ritratto non certo esaustivo e filologico, quanto piuttosto emotivo, intuitivo di alcuni aspetti del secolo appena trascorso.
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mostra visitata il 27 maggio 2003
Nella materia – dal Futurismo a Kiefer alfabeti dell’arte del Novecento –
da Burri a Kounellis metalli e ossidazioni
Milano, Museo della Permanente, Via Filippo Turati 34
Orario di visita: 10 – 13/14:30 – 18:30; sabato e festivi 10 – 18:30. Lunedì chiuso
Ingresso: intero 7 euro; ridotto 5 euro
Per informazioni: tel. 02 6551445
A cura di Rachele Ferrario e Lorella Giudici[exibart]