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Fino al 30.VII.2002 Naomi Fisher Milano, Galleria Francesca Kaufmann
milano bis
Naomi Fisher esercita la sua femminilità, onesta e aggressiva, nella flora tropicale del giardino di casa sua, e in una serie di disegni, dal tratto selvaggio…
Il fauvismo di Naomi Fisher non si vede solo dalla scelta di quel tratto rosso per i suoi disegni, per il segno espressionista. Anche nelle stampe cybachrome l’uso della luce teatrale e la saturazione della composizione, rimandano ai quadri di Vlaminck e di Derain, ma soprattutto, ed è ovvio, di Rousseau il Doganiere: come l’Eva de Il sogno o l’Incantatrice di serpenti quest’artista dimostra un atteggiamento di selvatica sensualità, tutta concentrata su se stessa, sul suo corpo, di cui non nasconde le imperfezioni. Anzi sembra compiacersi nel mostrarle, come se fossero parte organica della vegetazione che la circonda. Si confonde lei stessa in una serie di macchie di colore, che sono foglie e fiori, del lussureggiante giardino della casa di suo padre, noto botanico di Miami.
Così tra un lilium, ed un’eliconia, fiorisce un ascella, da dove i villi si diramano come i barbigli di qualche nuovo esemplare vegetale; oppure in un altro fortunato scatto, un’orchidea va a coprire, o a sostituire metaforicamente, il sesso dell’artista messa di tergo.
Il gesto della Fisher è spesso provocante, non solo sessualmente, ma socialmente forse, da ragazza riottosa, e politicamente, da femminista. Nei suoi disegni, la composizione barocca, si ripulisce in un segno semplificato, e contorto, con cui l’artista rappresenta se stessa e in un certo senso si traduce in un motivo decorativo floreale. Quello che accomuna i disegni e le foto è lo strano, ammorbante narcisismo, che potrebbe senz’altro essere oggetto di una lunga analisi psicanalitica; ed, è strano, in effetti che, nonostante le predisposizione ad una femminilità priva di filtri, non patinata, l’artista si diverta a fare leva su un voyerismo insano, aggiungendo alle sue foto una connotazione violenta, di disordine. La Fisher stessa racconta di come lei e le sue amiche fossero l’oggetto del desiderio, e le vittime di un maschilismo ingerente durante l’infanzia. Quella della Fisher non è una pacifica adesione alla natura, ma una sorta di messa in scena da noir erotico, in cui l’artista non esalta la sessualità, ma impersonifica masochisticamente una vittima.
Niccolò Manzolini
Naomi Fisher; Dal 30 maggio al 31 luglio; Milano, Galleria Francesca Kaufmann, via dell’Orso 16; Tel 02/72094331; fax 02/720996873; e–mail franceska@miconet.it; Ingresso libero; Orari: dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19.30 Chiuso lunedì mattina e domenica
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