Nell’attuale contesto artistico la figura di Gino de Dominicis appare quanto mai attuale: l’artista, personaggio geniale ed istrionico, capace di sconvolgere e smuovere il paludoso circuito dell’arte, rappresentò per anni l’anima più oltraggiosa ed irriverente della nuova avanguardia.
De Dominicis ribalta completamente il concetto stesso dell’oggetto artistico, dichiarando che è il pubblico che si espone all’arte e non viceversa: questo ideale ribelle ad ogni convenzione è però sostenuto da un indubbio talento, poliedrico ed originale. Ed è proprio questo talento che traspare compiutamente dalle opere esposte in questi giorni presso Poleschi Arte; è chiaro che la concezione dell’arte di De Dominicis segue il percorso tracciato prima da Duchamp e poi da Piero Manzoni. L’opera viene apparentemente negata, o meglio viene sfruttata per potere sbeffeggiare ed aggredire il sistema economico e mediatico che sta dietro di essa. La celeberrima e contestatissima esposizione di un mongoloide in carne ed ossa alla Biennale di Venezia è divenuta per anni il manifesto programmatico di De Dominicis: eppure questa visione è del tutto ingannevole. Nelle opere esposte alla Poleschi, infatti, si materializza un pittore che “non è astratto, ma si coniuga con la magia assoluta della creazione. Lo dimostrano proprio quei volti con il naso a punta a metà strada tra mito e virtualità, che appaiono, a noi spettatori, come vere e proprie apparizioni dell’inconscio dove il tempo rimane intrappolato. […] Il loro effetto magnetico sta nel fatto di arrivare da mondi lontani ed aggredire il presente con la stessa componente trasgressiva delle sue provocazioni più note.” Da queste illuminate parole di Alberto Fiz, risulta chiara la doppia funzione di De Dominicis: provocare considerando anche la stratificazione del passato. Le figure in lamina d’oro, ad esempio, non possono non rimandare alla fertile stagione dei mosaici ravennati, o meglio alla rielaborazione che ne fece Gustav Klimt. A tutto ciò si aggiungano l’esistenza misteriosa e la prematura morte dell’artista, sempre pronto alla provocazione e allo sfregio (basti pensare che, per sua disposizione, è categoricamente proibito pubblicare immagini delle sue opere). Altrettanto coraggiosamente la Galleria Poleschi cerca di fare luce su questo enigma (come giustamente dice Tomassoni) presentandoci una delle retrospettive più stimolanti di questo ricco autunno.
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www.poleschiarte.com
Luca Scalco
Gino de Dominicis Antologica 1970-1995
fino al 31 dicembre 2001
orari : martedì sabato 10-19
domenica – lunedì : 16-19.30
Poleschi Arte – Foro Bonaparte 68, 20121 Milano
tel. 02 86997153 – 86997098 fax 02 877339
e-mail : poleschiarte@kpnqwest.it
[exibart]
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Se è vero, non dovreste scrivere "volutamente", ma per "volontà degli eredi". Comunque in Rete ho trovato delle belle immagini dell'artista. Grazie Web! E complimenti vivissimi a Exibart per essere così rispettoso della legge. Dopo l'incidente di ieri non lo credevo possibile!
la fondazione e gli eredi vietano di pubblicare immagini di Gino de Dominicis su pubblicazioni. Il sito di una galleria d'arte non è del tutto identico ad un sito editoriale registrato al tribunale.
Un saluto
Allora, caro Filippo, bisogna avvisare subito la Galleria Poleschi. Ne ha ben tre sul sito. Ora gli scrivo.
ma lo sanno tutti che le opere di De Dominicis non si possono riprodurre!
Ho letto il pezzo del signor Scalco. E' veramente molto interessante. Ma non capisco per quale motivo il pezzo è "volutamente pubblicato senza immagini". L'autore non dà l'autorizzazione a pubblicare le fotografie delle sue opere? Signor Scalco, me la può spiegare questa sua scelta? Grazie tante.
condivido con emilio la grande fascinazione per l'opera di Gino de Dominicis
E' una mostra davvero magica.
Opere così profonde ed inquitenti da darti davvero la sensazione di essere tu osservato da esse e non viceversa!
Condivido in questo senso anche la volontà dell'artista: l'opera E' in quanto tale: ogni sua riproduzione sarebbe un'altra cosa che nulla ha a che vedere con essa.
D'altronde era ben nota anche l'opinione di De Dominicis su video e fotografia: non è arte ma tecnica.