29 novembre 2001

Fino al 5.I.2002 Maja Vukoje – Puppen Milano, Studio d’Arte Cannaviello

 
Per la sua prima personale in Italia, Maya Vukoje espone 15 tele di vario formato, che raffigurano bambole, in atteggiamento passivo, prive di vita, belle e terribili...

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Le bambole della Vukoje non sono inanimate come può esserlo un oggetto. Sembrano piuttosto morte, esseri a cui la vita è stata tolta e non negata. Se l’elemento cromatico più presente è il bianco algido di una luce che le pervade, la plasticità è resa con colori che ricordano piuttosto un incarnato: ma non si tratta di un pacifico abbandono di corpi disposti a farsi ritrarre, quanto livide sfumature che ricordano terribilmente tumefazioni e strazi. Un uso del colore ad olio che si avvicina più all’acquarello: le tinte estremamente diluite colano oltre i contorni, e sembrano sfiorare solo superficialmente volumi già consistenti.Maja Vukoje, Untiteled Questa tecnica è il risultato di una ricerca che poggia su un soggetto monotematico; dalle parole dell’artista: “Ho attraversato diverse fasi nel tentativo di sviluppare una qualità pittorica che permettesse alla tela di comunicare indipendentemente dal soggetto.” L’effetto dilagante del bianco è inoltre moltiplicato dalla dimensione delle tele, tutte di grande formato collocate su muri bianchi anch’essi a una distanza che le fa respirare. Gli occhi dei pupazzi invece focalizzano l’attenzione del fruitore, dove la materia pittorica si fa più ricca e prende forma la loro umanità inquietante. Nata da genitori serbi, la Vukoje cresce a Belgrado e lavora a Vienna; gradualmente abbandona uno stile narrativo per avvicinarsi ad un’indagine più introspettiva. La bambola è un feticcio, un oggetto estetico, di consumo, un pretesto per un approfondimento tecnico? Non sembra. Pare piuttosto che anche se accantonata a livello del singolo quadro, la tensione narrativa scaturisce dall’intera serie dei quadri che sembra connotare, anche involontariamente, la biografia intima dell’autrice. Sono feticci sì, ma in senso pulsionale che tentano forse un’autoanalisi, “avvicinandosi indirettamente all’autoritratto”, come sostiene l’artista stessa, incarnando paure ataviche, o la proiezione di un desiderio negato, in termini psicanalitici, che si scoprono essere, visitando la mostra, parte di un inconscio collettivo, condiviso dall’artista e dallo spettatore.

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Biennale di arti visive

Niccolò Manzolini


Puppen – Maya Vukoje
Dal 20 novembre 2001 al 05 gennaio 2002
Studio D’arte Cannaviello, via Stoppani 15, Milano
Ingresso libero
Da Martedì a Sabato dalle 10.30 alle 19.30
Tel. 0220240428 fax 0220404645
cannaviello@interfree.it


[exibart]

4 Commenti

  1. era in collaborazione tra cannaviello e biagiotti, ha aperto prima uno e poi l’altro.

    le ho viste tutte e due, entrambe belle

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