L’Impressionismo è oggi uno dei movimenti più conosciuti ed apprezzati dagli appassionati d’arte. La sua pittura che aveva creato scandalo alla fine dell’800, è oggi apprezzata dal grande pubblico anche grazie al lavoro di storicizzazione di critici e studiosi. Troppo spesso, però, a questo termine si associano i soli nomi dei grandi pittori francesi quali Monet, Renoir, Degas e Manet.
Visitando l’esposizione ospitata nelle prestigiose sale di Palazzo Martinengo lo spettatore si trova davanti a qualcosa di nuovo. Come già indica il provocatorio titolo della mostra, per una volta ci si dimentica dei maestri francesi per portare alla luce una realtà ben più vasta, ma ancora in gran parte sconosciuta, cioè quella pittura impressionista sviluppatasi al di fuori del territorio e della cultura francese.
E’ questo l’obiettivo, che diventa anche una sfida ai luoghi comuni, che si è preposto Renato Barilli, curatore della mostra.
La rassegna bresciana costituisce, quindi, un’ottima occasione per ammirare l’opera di artisti europei che, pur nascosti dalla più vasta notorietà degli maestri francesi, hanno significativamente contribuito al diffondersi di un nuovo gusto pittorico in tutta Europa.
Si tratta di un impressionismo più largo e polivalente, come spiega Barilli stesso, che nasce dagli impulsi della pittura realista portata avanti dai suoi grandi maestri quali Courbet e Millet. Una ricerca pittorica tesa verso un naturalismo che predilige il colore per afferrare le impressioni del reale, rompendo i rigidi schemi della pittura da studio ed eliminando definitivamente i limiti imposti dalla linea e dal chiaroscuro.
Venticinque sono gli artisti selezionati per l’occasione provenienti in gran parte dalla Germania dall’Inghilterra, dalla Spagna e dalla Russia, una scelta che esclude con coscienza il panorama artistico italiano, per il quale sarebbe risultato riduttivo limitarlo a poche opere.
Il comitato scientifico costituito da sei esperti e presieduto da Barilli, ha selezionato 80 opere allestite attraverso un percorso espositivo suddiviso in quattro sezioni.
La rassegna si apre presentando quegli artisti ritenuti anticipatori del gusto impressionista, i cosiddetti Pionieri. Le tele del tedesco Adolf von Menzel, realizzate negli anni ’50 dell’Ottocento, esprimono una qualità pittorica che anticipa di ben 20 anni l’esordio degli impressionisti francesi, attraverso vedute e scorci di una Berlino brulicante di persone. Mentre in Spagna spiccano i nomi del paesaggista Mariano Fortuny ed il suo allievo Aureliano de Berrete attratti dalle vedute marine e dai caldi colori del mediterraneo.
Anche in Russia si avverte il rinnovato clima pittorico come testimoniano le tele di Il’ja Repin, nelle quali il solido realismo della tradizione russa si scioglie in una pittura fatta di veloci pennellate di colore.
La sezione principale della mostra è dedicata alla Grande tematica sociale. In essa possiamo ammirare la peculiarità migliore degli impressionisti non francesi, che consiste proprio nella capacità di cogliere, con estrema sensibilità, le azioni umane, le più semplici e le più umili, nel loro contesto naturale.
In particolar modo, possiamo ammirare le tele degli inglesi George Clausen e Henry Hertbert La Thangue, i quali realizzano scene di vita quotidiana e di lavoro contadino attraverso una pittura estremamente raffinata dai colori luminosi che ricorda il maestro francese Millet. Un’attenzione verso la quotidianità ed il lavoro agreste che traspare anche dalle opere del tedesco Max Liebermann se pur con caratteristiche diverse.
Un ampio spazio è dedicato ai ritratti passando dalla robusta monumentalità delle tele di Wilhelm Leibl, ai più delicati e suadenti ritratti realizzati dai russi Valentin Serov e Kostantin Korovin.
La mostra prosegue presentando le tele di quegli artisti che, all’apice della parabola impressionista, scelgono di continuare la loro ricerca portando alle estreme conseguenze il linguaggio dell’impressione.
Nelle opere esposte in questa terza sezione si arriva, quindi, all’inevitabile dissoluzione e scioglimento della forma.
Spiccano le marine dell’inglese Philip Wilson Steer nelle quali le figure si stemperano fino quasi diventare un tutt’uno con l’atmosfera. Una pittura fluida che caratterizza anche i ritratti del tedesco Lovis Corith così come la marine dello spagnolo Ignazo Pinazo e le tele degli olandesi Geirg Breitner e Isaac Isrlaels.
Se negli artisti precedenti emerge il forte senso di disfacimento della forma, negli artisti proposti nell’ultima sezione la pennellata torna a ricomporsi. Nelle tele degli scandinavi Christian Krohg, Anders Zorn e dello spagnolo Joaquin Sorolla la pittura sfida il suo più grande limite: quello della fedeltà oggettiva al reale. Il realismo si fa minuzioso in una pittura capace di creare nitide visioni.
Si conclude così il percorso espositivo. Una ricca visione d’insieme che mette a fuoco un fervido panorama artistico che condivide una poetica comune.
L’Impressionismo è dunque da intendersi non solo come ristretto movimento esclusivamente francese che lega la sua fama ai pochi nomi dei più noti maestri , ma come un grande clima culturale, un gusto pittorico la cui poetica si diffonde oltre i confini francesi interessando gran parte dei paesi Europei. Un momento importante capace di portare una decisiva svolta all’arte moderna e che aprirà la strada alle innovative ricerche artistiche di inizio secolo. E’ questo il senso che trapela dalla riuscita mostra bresciana.
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Elena Arosio
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Brescia è un pò lontana ma val bene una visita questa mostra. Finalmente si parla anche di altri impressionisti che non sono i soliti Francesi o Russi.SEcondo me ci sono anche bravi provenienti dalla mia adorata austria.
Bellissimo!! Complimenti alla redattrice dell'articolo.