Le modalità comunicative dell’architettura corrono parallelamente ai messaggi della nostra epoca elettronica, ricercando ed elaborando modelli rappresentativi sempre più metaforici legati alla dimensione creativa digitale.
L’onnipresenza delle immagini, che caratterizza la cultura e lo spirito del nostro tempo, ci spinge a riflettere su alcune forme espressive del progetto di architettura che sperimentano e ricercano intersezioni tra il naturale e l’artificiale verso l’ideazione, e quindi attraverso la rappresentazione, di una nuova “fauna di oggetti”: opere contemporanee per una società transculturale.
Apparentemente privo di riferimenti alla storia, lontano dai linguaggi grafici consolidati, il disegno di architettura è alla ricerca di valori espressivi che rimandano ad altro da sé. Rappresentare al di là del vero, del misurabile, nascondere e mostrare, sono alcune delle vocazioni tipiche delle più radicali rappresentazioni; immagini dai molteplici valori espressivi dove è difficile ritrovare tradizionali riferimenti iconici e simbolici. Fondata sulla leggerezza, sulla trasparenza, su un più coinvolgente rapporto fra il corpo e lo spazio, l’architettura di oggi instaura un rinnovato rapporto con l’ambiente attraverso un mutevole scambio di informazioni fatto da continue interconnessioni.
La mostra su Jean Nouvel, che dal Centre Georges Pompidou di Parigi è approdata alla Triennale di Milano, rivela oggi la possibilità di inventare un altro modo di percepire e trasmettere architettura: senza modelli in scala, disegni tecnici, schizzi autografi, ma attraverso articolazioni mediatiche come videoclip e grandi rendering, fotografie degli edifici a grandezza naturale, che, ricreando intero lo stupore di chi li visita davvero, mostrano come essere e apparire non siano più moralisticamente in contrasto. Lasciando da parte lo sterile intellettualismo, Jean Nouvel mostra come il grande architetto sappia muoversi con eleganza tra i due caratteri estremi del dilemma contemporaneo: reale e virtuale.
Se “virtuale” può essere il suo modo di esprimersi, “reale” è sicuramente ciò da cui coglie spunti e visioni per ogni suo progetto. Lo suggerisce anche la colonna sonora di questa importante mostra: i rumori e i boati di uno stadio, lo scalpiccio dei passi, le grida festose di bambini o di rondini che volano, le voci di mercato e di strada.
Nel momento in cui le altre discipline artistiche hanno instaurato un rapporto di scambi intensi con il nuovo sistema tecnologico, l’architettura non viene più considerata una disciplina a sé stante, legata solo alle proprie regole. Il contesto sociale e urbano contemporaneo è troppo complesso perché un singolo ordine di regole sia valido. «Non possiamo creare edifici per il futuro basandoci sulla sola storia dell’architettura.» ha dichiarato «le rivoluzioni e le evoluzioni tecniche e culturali del Ventesimo secolo lo hanno provato.»
Nouvel lavora assaporando il mondo che lo circonda, senza barricarsi dietro lo steccato di una disciplina, rivolgendo la sua sensibilità verso i fenomeni emergenti del mondo contemporaneo, creando per ogni ambito, reale o virtuale, il luogo per le sue architetture. È così che ogni volta con rinnovata meraviglia ritroviamo la sua Tour Sans Fin nel film di Wim Wenders: un’architettura per la realtà che ha trovato spazio nel mondo virtuale del cinema. Il cinema che ci mostra qualcosa che nel mondo reale è ancora solo virtuale, ma che nella realtà filmica è concreto.
«Il cinema dà un’immagine vera dell’architettura del XX secolo, un’immagine in cui essa si può riconoscere e apprendere qualcosa di sé», questo il concetto che Jean Nouvel e Wim Wenders condividono da anni.
Perché il cinema è molte cose: accanto al film conoscenza c’è il film spettacolo, entrambi possono servire ad esplorare i meccanismi, ad analizzare i modi di costruzione della realtà. L’ambiguità del mondo delle immagini è oggi tale che molti hanno creduto che il fotomontaggio di presentazione del progetto della Tour fosse una fotografia vera. Questa torre circolare in vetro, che risulta sempre più trasparente col crescere in altezza, edificio da non notare, in contraddizione con la nozione corrente di grattacielo, non fu costruita per motivi economici. Una triste conferma della frequente affermazione di Jean Nouvel sul fatto che nella città moderna entrano in gioco diversi fattori oltre all’architettura e all’urbanistica. Secondo l’architetto, oggi più che mai, l’architettura non può fare economia d’analisi e ricerca; il progettista deve inserirsi in un mondo globale, incontrare gente, conoscere, attraverso i viaggi, il mondo in cui vive. Ed è proprio questa filosofia di vita che ha portato il suo operato ad interagire con filosofi, scenografi, sociologi e altri personaggi di elevato calibro in maniera organica, senza circondarsi esclusivamente di architetti o dei soliti “addetti ai lavori”. Il suo compito, dopo una lunga fase di studi approfonditi e di attenta sperimentazione, rimane quello della sintesi finale.
Elisa Ferrato
[exibart]
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devo dire che questo testo e' assolutamente straordinario. Chi l'ha scritto e' la miglior testa pensante di cui abbia avuto l'onore di leggere qualcosa nell'ambito dell'arte e dell'architettura.