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Alberto Savinio. L’onirico come opera d’arte
milano
Le colte trasgressioni dell’ovvio del “piccolo” de Chirico, surrealista eterodosso e ironico indagatore dell’animo umano. Artista totale, la sua produzione spazia dalla pittura alla letteratura, dal teatro alla musica: per (ri)scoprirlo, un sofisticato percorso emozionale in cinque atti, capace di giocare tra passato e futuro, arte e vita…
Poi gli occhi si abituano al buio, si riconosce sullo sfondo la voce elegante di Toni Servillo, e si capisce che lo spettatore è invitato a partecipare alla rappresentazione: due eleganti dame lo osservano, una con la testa d’anatra, l’altra di pellicano. È il capolavoro En visite, che apre la mostra di Alberto Savinio (pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico; Atene, 25 agosto 1891 – Roma, 5 maggio 1952) promossa dal Comune di Milano e prodotta da Palazzo Reale con 24 ORE Cultura – GRUPPO 24 ORE, con il sostegno dell’Archivio Savinio di Roma. La retrospettiva punta ad avvicinare il grande pubblico ad un artista di culto ma ancora in secondo piano per molti e per lo stesso mercato dell’arte, che gli preferisce il più noto fratello Giorgio De Chirico. Pittore, scrittore, musicista, drammaturgo, Savinio è un artista totale, alla maniera rinascimentale, capace, però, di giocare con il passato e di anticipare il futuro. Spesso classificato come artista surrealista, movimento di cui condivide temi importanti come il sogno e l’inconscio, Savinio è tuttavia un surrealista eterodosso, come spiega il curatore Vincenzo Trione: “In Savinio, non esiste l’incongruo, ma il fantastico. In lui, non si ricorre ad allucinazioni, né ad abbandoni verso l’irrazionale. Alle evanescenze oniriche egli contrappone una nietzschiana volontà di potenza. Vuole dare forma all’informe, coscienza a ciò che è senza coscienza. Il suo intento: donare al mondo una possibile perfezione”.
Una possibilità di perfezione evocata anche dalla prima delle cinque sezioni, dedicata ai Miti dipinti: nella serie In famiglia troviamo per lo più coppie, come in Roger et Angélique, o in Fedeltà, in cui uomo e donna, pur restando uno accanto all’altra, sono divisi da spigoli, linee dure o contrasti di colore che sottolineano un’assenza di comunicazione nella quotidianità che sembra anticipare i dipinti di Hopper.
Dopo la famiglia, è la volta degli Eroi: tutti corpo possente e testa di spillo. Al posto della razionalità, simbolicamente ridotta come le dimensioni del cranio paiono indicare, troviamo oggetti su oggetti, che preannunciano un’abbondanza pop stile Warhol.
La serie delle Metamorfosi e quella dei Luoghi chiudono la prima sezione, e preparano alla seconda, le Letterature dipinte, dove si palesa il profondo legame che unisce pittura e letteratura. Se i rimandi tra le due arti tentano verso facili interpretazioni, non bisogna però dimenticare, come sostiene Tiziano Scarpa, che “se uno scrittore quella cosa l’ha dipinta, pur potendo scriverla, è proprio perché non avrebbe potuto scriverla. E se un pittore quell’altra cosa l’ha scritta, pur potendo dipingerla, è perché non avrebbe potuto dipingerla.” Ovvero, Savinio non è Flaubert, che dichiarò di aver scritto un intero romanzo, L’educazione sentimentale, per evocare il colore della pittura scrostata di un davanzale. Savinio avrebbe potuto dipingerlo. Tuttavia, la poliedricità dell’artista riaffiora nella terza parte della mostra, dedicata alle Architetture dipinte, dove la teatralità si manifesta nella deliberata confusione tra esterni
e interni, negli scenari metafisici resi unici da un’ironia audace. Come nella sublime tempera del 1947, in cui una donna nuda dal volto d’anatra guida disinvolta e altezzosa una bicicletta il cui manubrio è una testa di toro, che ricorda la bellezza onirica delle donne formose di una delle scene più memorabili dell’Amarcord di Fellini. Conclusa la sezione Oggetti dipinti, di cui ricordiamo in particolare il prezioso mosaico Il sonno di Eva, l’esposizione culmina con il fil rouge sotteso in tutto il percorso: il teatro, summa di tutte arti. Le Scenografie dipinte mostrano tra gli altri i lavori realizzati durante la sua collaborazione alla Scala di Milano tra il 1948 e il 1951. E davanti a questo sofisticato atto finale, nuovamente accompagnato dalla voce di Servillo a chiudere il cerchio di un viaggio al confine tra arte e vita, non resta che applaudire.
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a cura di Vincenzo Trione
Palazzo Reale
, Piazza del Duomo, 12 – 20122 Milano
Orario: Lunedì 14.30-19.30
Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30
Giovedì e sabato 9.30-22.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Ingresso Intero € 9,00
Ridotto € 7,50
Ridotto scuole € 4,50
Catalogo 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di Vincenzo Trione
Info
tel. +39 02875672;
www.comune.milano.it/palazzoreale/
[exibart]