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Alex Urso artista e curatore italiano che vive a Varsavia dove ha realizzato delle mostre in luoghi istituzionali in entrambi i ruoli, ha iniziato come assistant curator alla National Gallery. Quest’anno Urso ha fondato la Biennale de la Biche, nei Caraibi e oggi lo troviamo con una personale dal titolo “Diabli Nadali”, presso la Fondazione Paolina Brugnatelli, a Milano. Trattasi di un no-profit nato nel 2010 su iniziativa, appunto, di Paolina Brugnatelli, che si prefigge di dare impulso a giovani artisti e a ricercatori per la cura delle malattie oculari attraverso manifestazioni e incontri, premi, borse di studio e pubblicazioni. Nei prossimi mesi inaugureranno altre 2 mostre: la prima di artisti non vedenti elaborata da una studentessa di Brera, e, successivamente, quella di uno scultore non vedente in dialogo col Museo Tattile di Varese. Il 2017 si chiuderà con l’assegnazione di 6 premi per gli allievi dell’Accademia di Brera di Milano e dell’Accademia di Venezia che sfocerà in una mostra congiunta e itinerante tra le due città. Ma ecco la mostra raccontata dall’artista».
Alex, è la tua prima personale a Milano. Un anno fa hai lavorato a Spazio Meme di Carpi e ora realizzi una mostra con 3 corpi di lavoro diversi, di cui uno inedito. Raccontaci questo “rientro” italiano.
«Con la Fondazione Paolina Brugnatelli ho vinto un premio nel 2013, quando ero ancora studente al corso di Pittura dell’Accademia di Brera. Dopo 4 anni mi hanno proposto un progetto espositivo, per capire gli sviluppi della mia ricerca. Il loro interesse si è immediatamente rivolto alle 3 serie sul Memling, realizzate tra il 2015 e il 2016. Si tratta di collages e diorami che ho già avuto modo di esporre in diverse occasioni in Polonia – di cui l’ultima presso l’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia – e che sono stato contento di portare in Italia. Rientrare a Milano per me è sempre impegnativo: sento delle aspettative diverse rispetto ad altri contesti, ma accolgo questa sfida positivamente. Abbiamo deciso di mostrare delle opere non recenti. All’inizio mi sembrava un limite, ma, a progetto completato, il risultato è forte: i lavori insieme danno vita ad uno spettro compatto, sia concettualmente, che a livello visivo».
La sede della Fondazione ha una bella storia: si tratta di una ex pellicceria all’interno di un vecchio, affascinante cortile in corso Buenos Aires a Milano. La conoscevi?
«La sede è solitamente utilizzata come spazio espositivo delle opere della collezione Paolina Brugnatelli. Non è uno spazio facile perché si sviluppa su 2 piani, con una scala e un soppalco in legno. Ho chiesto alla Fondazione degli accorgimenti tecnici per alleggerirlo un po’, e, dopo averci lavorato qualche giorno, mi è sembrato ideale: ha un potenziale notevole ed è un luogo con una storia visibile, in un bellissimo cortile milanese, in centro città».
Hai pensato a un allestimento ad hoc per lo spazio?
«Si, ho pensato all’allestimento con delle precise intenzioni per ogni serie. L’opera principale è lo Studio sul Giudizio Universale di Hans Memling, 8 collages in cui l’attenzione è rivolta al pannello destro del trittico, quello dell’inferno. Se nell’opera originale i dannati sono rappresentati tra le fiamme, in questa occasione vengono trasportati in un contesto più bucolico, e i corpi si attorcigliano sofferenti tra fiori e steli di piante. Ho disposto ogni collage nello spazio creando una sorta di puzzle che riflette lo schema dell’opera originale. La serie di polaroid dal titolo L’Amour et la Violence ha invece una disposizione più pulita, così come quella al piano superiore: in Stations of the Cross (after Hans Memling) ho studiato il dipinto nella sua totalità, creando dei diorami che ripercorrono, come in una sorta di via crucis, tutto il dipinto. Sono disposti in maniera pulita e lineare e i lavori scandiscono le varie fasi del dipinto, invitando l’osservatore a conoscerne, passo dopo passo, la sua interezza, dal paradiso all’inferno».
Chi ha scelto di partire, a livello tematico, con lo “Studio sul Giudizio Universale” di Hans Memling, come punto di partenza della mostra?
«La Fondazione e, in particolare, il suo direttore Sandor Breznay, hanno una predilezione per la pittura; lo stesso Premio Brugnatelli è rivolto solo a diplomandi del corso magistrale di Pittura a Brera. Uno studio su un’opera di un pittore classico come Hans Memling li ha affascinati».
Rossella Farinotti
mostra visitata il 24 marzo
Alex Urso
Diabli Nadali
Fondazione Paolina Brugnatelli
Corso Buenos Aires 66
Milano
Info: 0236567847, info@fondazionepaolinabrugnatelli.org, www.fondazionepaolinabrugnatelli.org