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Fino al 10.II.2019 | Milano e il Cinema | Palazzo Morando, Milano

di - 4 Febbraio 2019
Il cinema senza la città si sarebbe annoiato moltissimo, e la Milano moderna dagli albori della fabbrica dei sogni e dei miti, continua ad essere un set ideale per raccontare storie, croci e delizie di ordinaria umanità di ieri e di oggi. A Palazzo Morando, nel cuore del quadrilatero della moda, la  mostra “Milano e il Cinema” a cura di Stefano Galli, promossa da Comune di Milano, Cultura, Direzione Musei Storici nell’ambito del palinsesto “Novecento italiano” (organizzata da MilanoMostra e col patrocinio della Regione Lombardia, fino al 10 febbraio), documenta l’attrazione fatale attraverso 132 titoli milanesi, con 155 fotografie, una trentina di poster, dodici schermi e sequenze che coprono un arco di tempo dal 1929  al 2017, tra cui “Stramilano” un’opera memorabile  di Corrado d’Enrico, di Luce, nel quale per la prima volta  si riprendono le meraviglie della città e altri materiali iconografici. “L’effetto Milano” per il cinema si snoda in una carrellata di documenti audiovisivi preziosi, passando dalle sperimentazioni degli anni Dieci, prima che il  regime fascista concentrasse a Cinecittà a Roma, le produzioni cinematografiche, dall’epoca
d’oro delle commedie anni ’50 e ’60, fino a film più recenti. Milano comprende, moda, costume, business, innovazioni e tensioni sociali, glamour, eleganza, trasformazioni urbanistiche e industriali, e questa mostra evidenzia come la relazione tra cinema e il capoluogo lombardo è continuata, seppure faticosamente, malgrado il fascismo abbia accentrato la produzione cinematografica a Cinecittà.  Fino al 1918 le case di produzione si concentrano a Torino, poi dagli anni Trenta Cinecittà romana detiene il primato, ma negli anni Cinquanta e Sessanta, in pieno boom economico Milano diventa “sequenza dinamica” ideale di un processo ineluttabile di modernità, cambiamento ed evoluzioni sociali e urbanistiche. Da allora si comincia a produrre cinema industriale e pubblicitario, con scenari urbani periferici, luoghi ibridi dove si genera il nuovo. I primi filmati vengono prodotti a Milano, a Turro da Luca Pacchioni, dove c’erano i grandi teatri di posa costruiti da Luca Comerio, nel 1908, in questa area decentrata di Milano proliferano 70 sale di proiezione: è in periferia che sboccia l’industria della settima arte. In seguito i progetti di Luca Comerio naufragano nella difficoltà di produzione e distribuzione di film per mancanza di finanziamenti privati, Milano che spesso anticipa novità e mode, cede prima a Torino negli anni Venti, il ruolo produttivo dell’industria cinematografica poi Roma, Cinecittà cancella la concorrenza e diventa l’Hollywood sul Tevere.

Vittorio Gassman sul set dell’Audace colpo dei soliti ignoti, 1959 di Nanni Loy; Milano, 31/08/1959; ©AF

Da I grandi Magazzini (1939), ambientato alla Rinascente, luogo ideale per raccontare il mondo del lusso e l’ascesa della borghesia imprenditoriale, a Totò e Peppino e la malafemmina (1956), nella famosa scena in bianco e nero col ghisa milanese in cui  si scontrano  la cultura del sud e del nord  a immagini di Lucia Bosè elegantissima davanti alla Scala, e poi col cappello nero e veletta sullo sfondo del Naviglio Grande in Cronaca di un amore (1950), di Michelangelo Antonioni, alle fotografie delle comparse con le scope in mano in piazza Duomo del film Miracolo a Milano (1951), la fiaba moderna di Vittorio De Sica,  al più milanese dei film  degli anni cinquanta  Lo svitato (1955)  girato per lo più in esterni con un giovane Dario Fo di Carlo Lizzani, a Rocco e i suoi fratelli (1960), in cui Luchino Visconti narra la  condizione dei “terroni” con crudezza in una Milano fredda invernale e ostile , fino al Posto (1961) di Ermanno Olmi, il “ragazzo della Bovisa” che dopo aver lavorato per la Edison come documentarista diventa regista. Questi e altri film  più recenti con scenari industriali  entrati nella storia del cinema iconizzano  Milano, città cantiere dell’innovazione che ha incantato diversi registi oltre quelli citati, come Marco Ferrari, Giuseppe Bertolucci, Mario Monicelli, Fernando di Leo che ha ritratto una Milano violenta in Calibro 9, (1972), un capolavoro noir, e ancora  Liliana Cavanie, Silvio Soldini, i fratelli Vanzina, che hanno immortalato gli yuppies degli anni Ottanta della “Milano da bere”, Maurizio Nichetti, Gabriele Salvatores, Marina Spada, Luca Guadagnino e molti altri “trovatori” della vita moderna. Tornado alla storia del rapporto tra cinema, Milano e produttori pionieri del nuovo linguaggio, in mostra si scopre che il primo cinema era nella Sala Edison, in via Cantù, aperta da Ercole Pettini nel 1904, anche se bisogna considerare come un cinemino sperimentale antelitterem quello ospitato in Palazzo Soncino (angolo via Torino) nel 1899. Queste e altre pillole di storia e di cultura e impresa legate anche al mondo pubblicitario che raggiunge il massimo della  sua espressione creativa con Carosello e quello industriale, che vedrà protagoniste  aziende  quali: Pirelli, Breda, Campari, Edison e altre impegnate  nella valorizzazione di realtà produttive investendo  nel cinema, si apprendono con una mostra didascalica  ma  non saccente da vedere che racconta per immagini come  Milano è  diventata e continua ad essere un luogo nevralgico  del  dell’immaginario collettivo.
Jacqueline  Ceresoli
Mostra visitata 8 novembre
Dall’8 novembre al 10 febbraio 2019
Milano e il Cinema
Palazzo Morando/ Costume Moda Immagine,
spazi espositivi piano terra, via Sant’Andrea 6, Milano
Info: c.palazzomorando@comune.milano.it , www.mostramilanoeilcinema.it

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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