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Per me il tattoo non è solo un
elemento estetico, ma un’immagine senza tempo eseguita nel rispetto della
storia”. Punta di
diamante dell’underground e della Street Art californiana, per il leggendario e
poliedrico tattoo artist
Mike Giant (Upstate, New York, 1971; vive a San Francisco) il
supporto non fa la differenza. Che si tratti di pelle, carta, superficie
metallica o muraria il trattamento è lo stesso, così come il
modus operandi, influenzato dall’arte popolare
messicana e dall’illustrazione di derivazione giapponese, in un connubio di
stili tra old school, simbologia sacra e avanguardie storiche.
Il segno calligrafico, la
precisione maniacale e un rigoroso bianco e nero contraddistinguono la
produzione di Giant, iniziata quando, appena diciottenne, si misura con
graffiti e skateboard, per proseguire come tatuatore, customizzatore di moto e
bici e infine manager del suo brand: Rebel8.
Un corpus di disegni e multipli,
realizzato appositamente per la mostra d’esordio in terra italiana, è
anticipato da un video in loop che lo vede
– tra una pedalata e una fumata di
marijuana – concretizzare i suoi disegni in una sola seduta, senza pausa ed
errore.
Sensibilmente attratto da modelli
iconografici archetipici, partorisce
femme fatale incorniciate alla
Mucka, provocanti pin up tatuate dalla
testa ai piedi, vedute urbane di San Francisco, inquietanti angeli della morte,
codici tribali,
vanitas e
memento mori in un mix di misticismo tra sacro e profano, dove lo studio del
lettering assume un valore imprescindibile.
Visionario interprete della
controversa epoca contemporanea è invece il pittore sardo
Giuliano Sale (Cagliari, 1977; vive a Milano),
che ha inaugurato il nuovo progetto
Little Circus in uno spazio interno alla
galleria, riservato a iniziative speciali che coinvolgeranno esordienti e non.
Origina da
Leonardo e
Cranach passando per la Neue Sachlichkeit
e il Simbolismo tedesco e approda al fumetto giapponese il linguaggio dell’artista,
che indaga le ombre esistenziali, il lato oscuro della natura umana in una
società in balia dell’alienazione. L’oblio è la tematica sviluppata nelle sei
opere in mostra che l’artista identifica nel Lete, fiume del regno delle
tenebre la cui acqua ha il potere di cancellare la memoria e purificare dai
peccati, estremo viatico per la beatitudine.
Scava impietoso nell’animo umano,
nella precarietà dell’esistenza, nella malattia e nella follia, dando vita a
borderline, anime dannate che vagano nell’oblio all’affannosa ricerca della
redenzione. Al di fuori di uno spazio temporale, tra cieli plumbei e distese
marine tenebrose, animali malnutriti e personaggi ambigui, talvolta segnati da
tratti somatici stranianti, vanno inconsapevolmente incontro all’incombere
della catastrofe.
Subdolo pericolo imminente,
incarnato dal punto rosso sospeso in cielo. Ingannevole attrazione per
un’umanità al limite della sopravvivenza.