Per capire di cosa parliamo
bisogna avvicinarsi, arrivare quasi a sfiorarla. Altrimenti non ci si rende conto
che si tratta di tela, per di più dipinta a olio. Perché la tecnica di Fabio
Torre (Bologna,
1955; vive a Bagnarola, Bologna) rispecchia una maestria e un’attitudine al
vero degna di encomio. La ripresa di un formato ereditato dalla tradizione
cinematografica a cavallo fra gli anni ‘60 e ‘70, il Super-8, amplifica certo la
percezione straniante delle opere, ma è la resa pittorica senza esitazioni,
stesa a velature copiose e impercettibili, a rendere tutto credibile e
coerente.
La nostalgia nei confronti del “mezzo
sacro” dell’arte sposa il clima malinconico che pervade tutta la mostra, dove
la rilettura poetica dell’opera dell’olandese Bas Jan Ader non fa che amplificare la
disillusione verso un meccanismo – sociale, politico, economico – che, a
livello mondiale, non funziona più.
E se le soluzioni non si trovano e
le svolte promesse non arrivano, pare forse più sensato lasciarsi andare a
logiche concettuali, e magari inforcare una bicicletta pedalando diretti verso
gli abissi. O abbandonare ogni freno e sfogarsi di fronte a una telecamera. Ader
morì a 33 anni inseguendo un sogno come un eroe epico. Si ripropose un’impresa
eccezionale e allo stesso tempo non si concesse scampo, attraversando l’Oceano
Atlantico in barca, In search of the Miraculous (1975). Letteralmente.
Se si pensa poi al titolo e alle
due parole che lo compongono, ‘ricerca’ e ‘miracolo’, unite al bagaglio di aspettative
che ogni viaggio comporta, potremo leggere nell’opera un intento che non
abbandona delle aspettative, ma che presagisce al contrario delle speranze. Ed è
forse per questo che Torre cerca di dare una fine alla storia, facendo
riemergere una reliquia – in questo caso la bicicletta – sulla battigia.
Torre raccoglie l’eredità emotiva
di Ader e lo sente così vicino da omaggiarlo narrandolo come un amico perso: il
suo racconto si scompone in fotogrammi che riportano il dolore in sequenza; un
dolore così autentico e così vero da diventare il dolore collettivo, di tutti, un
pianto che si spezza e ricomincia, rotto dai singhiozzi, dal quale non riesce a
fuggire, perché lo trova ovunque guardi e dal quale riesce ad allontanarsi,
distaccandosi da un impatto che sarebbe altrimenti violento e insostenibile,
solo maneggiandolo attraverso quella che è a sua volta una riproduzione.
E il mare, in quel bianco e nero
primordiale, proiettato sulla parete ad accompagnare simbolicamente la
narrazione, è la mancanza di certezze in cui ci stiamo inesorabilmente
immergendo. Oppure ci ricorda che il peggio, come le onde, va e viene.
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Fabio Torre a Torino
Personale da Fabio Paris nel 2006
Torre sotto le Due Torri
renata mandis
mostra visitata il 17 aprile 2010
dal 10 aprile al 15
maggio 2010
Fabio
Torre – Frames from a lost friend
Fabio Paris Art
Gallery
Via Alessandro Monti, 13 – 25121 Brescia
Orario: da lunedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0303756139; fax +39 0302907539; fabio@fabioparisartgallery.com;
www.fabioparisartgallery.com
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