Céline Condorelli è un’artista semplice, ma non per questo facile da comprendere. A conoscerla sembrerebbe la tipica ragazza della porta accanto, solare, altruista e sempre disponibile. Ce lo dimostra durante una visita guidata condotta proprio da lei in occasione della sua prima personale in Italia dal titolo “Bau Bau”, in mostra all’HangarBicocca di Milano. No, non è l’onomatopeica di un cane che abbaia, anche se l’artista ha dichiarato che la diverte la possibilità di creare questo gioco di parole. Certamente solo in Italia la parola bau bau crea dei cortocircuiti semantici che mostrano il carattere ludico del lavoro di questa artista di origini italo-francesi, ma cosmopolita di adozione. Il termine vuole alludere alla parola tedesca “costruire” o “in costruzione” che fa riferimento non solo all’avanguardia storica del Bauhaus come fonte di ispirazione primaria, ma che vuole essere anche una riflessione sui legami che intercorrono fra i diversi linguaggi artistici e le relazioni umane.
La mostra ospitata negli spazi dello Shed che comprende oltre 20 opere tra cui installazioni,
sculture e video, appare per la prima volta illuminato: non solo di luce propria, proveniente da un esterno mai visto prima, ma anche da una luce artificiale che separa il percorso espositivo in un due. Una zona completamente immersa nel buio da cui emergono alcune installazioni illuminate a rotazione da riflettori che poi ricadono nell’ombra; una zona completamente irradiata di luce su cui si apre una finestra appositamente fatta aprire da Céline per far dialogare gli spazi interni dell’Hangar con l’ambiente esterno. Non a caso davanti alla finestra è allestita The double and the half (to Avery Gordon), sulla cui scala lo spettatore può salire per esplorare il contesto urbano al di là delle mura. L’opera si presenta come una serie di “strutture” assemblate che poggiano le une sulle altre a simboleggiare il lavoro collettivo come forma di sostegno reciproco propria sia della sfera artistica che di quella affettiva. Sulla scrivania poggia il libro The company she keeps un dialogo di Cèline con cinque amici a testimonianza dell’importanza dell’amicizia come scambio produttivo di idee.
Separa questi spazi Structure for communication with wind, una tenda di metallina, tessuto di isolamento creato per la Missione Apollo, che oltre a rappresentare un elemento di raccordo scandisce il ritmo del cambiamento. Un cambiamento che può passare inosservato come il fruscio del vento o essere «una lente che guarda tutto ciò che non si vede» come lei stessa ha dichiarato.
La tenda, infatti, oltre a suddivide lo spazio, scandisce il tempo della mostra. All’attivarsi di un circuito di ventilazione posto al centro dell’entrata la tenda fluttua e produce un sibilo simile alle fronde degli alberi in una foresta. Dopo qualche secondo tutto torna come prima. Anche questa opera, concepita come una “struttura” capace di mostrare ciò che solitamente rimane inosservato e inascoltato, mette in evidenzia la formazione artistica di Condorelli. Fortemente influenzata dai suoi studi di architettura, da cui ha ereditato il concetto di “Support Structures”, Céline Condorelli si è personalmente occupata dell’allestimento della mostra e della creazione dei testi descrittivi come facenti parte del processo creativo e ci introduce ad un altro aspetto della mostra: la suddivisione fra il tempo libero e il tempo del lavoro. Il tempo libero definito da opere che si basano sul concetto di relazioni come quelle che possono nascere da un dialogo fra due persone come nella scultura in The Weird Charismatic Power That Capitalism Has For Teenagers (to Johan Hartle) o da una pianta rampicante che cresce intorno a una seduta come in À Bras Le Corps – with Philodendron (to Amalia Pica); e il tempo del lavoro basato sul concetto di prodotto sociale comune sia al lavoro industriale che a quello artistico. Ne è espressione Nerofumo l’unica opera appositamente creata in occasione della mostra che nasce dalla collaborazione con il Polo Tecnologico Pirelli di Settimo Milanese, centro d’avanguardia per la produzione di pneumatici. Nello stabilimento l’artista si è confrontata con i tecnici e con il processo di creazione industriale di cui è stato interrotto il normale decorso. All’interno della fabbrica di Settimo Milanese “si è infatti prodotto qualcosa di diverso” come ha affermato l’operaio in dialogo con l’artista durante la visita. Per creare Nerofumo i tecnici hanno dovuto creare una modalità nuova che non alterasse il normale funzionamento delle macchine. All’interno del processo di produzione degli pneumatici utilizzati per l’opera sono stati infatti inseriti degli scarti naturali, come ad esempio delle foglie, provenienti dal contesto urbano della fabbrica. Nerofumo è il risultato della fusione tra i materiali organici e la gomma degli pneumatici ai quali è stata data una forma lineare piuttosto che circolare documentato da materiali e persone che lo hanno reso possibile.
L’industria ha incontrato lo studio d’artista e il tecnico industriale ha incontrato l’artista per mostrare il carattere sociale di qualsiasi lavoro. Una costante della produzione artistica di Céline Condorelli per cui il mestiere dell’artista è «una costruzione fatta dal contatto con altre persone» che lasciano delle tracce, come quelle di nerofumo impresse dagli pneumatici sul pavimento.
Sara Marvelli
mostra visitata il 3 marzo
Dall’ 11 dicembre 2014 al 10 maggio 2015
Céline Condorelli. Bau bau
HangarBicocca, Via Chiese 2 Milano
Orari: Giovedì – Domenica dalle 11.00 alle 23.00
Info: info@hangarbicocca.org www.hangarbicocca.org