Barbara DePonti (Magenta, Milano, 1975; vive a Milano) tesse un ordito luminoso sul quale la dislocazione delle strutture edificate prende la forma di una mappatura stellare, secondo una relazione di corrispondenza fra i corpi celesti e i progetti architettonici. Gli edifici diventano così le stelle che noi viviamo quotidianamente nello spazio urbano.
Si tratta di una carta topografica stellare sulla quale il posizionamento delle architetture di Milano viene effettuato in base a tre domande legate allo sviluppo della città, precedentemente poste dall’artista a circa trecento persone, con l’obiettivo di evincerne il sentimento di appartenenza alla metropoli: quale progetto di architettura, pensato per la città di Milano, avresti voluto vedere realizzato? Quale progetto architettonico, realizzato a Milano dal dopoguerra, ritieni sia imprescindibile da questa città? Di quale progetto architettonico, realizzato a Milano dal dopoguerra, faresti a meno?
Il risultato è l’ostensione di una rappresentazione olistica della città, con il tracciamento delle dinamiche costruttive degli edifici effettuato secondo la tecnica che dà l’impronta di sé all’opera artistica di Barbara DePonti: carta da spolvero ricoperta di acrilico nero e ripiegata, fino a ottenere la definizione della griglia architettonica corrispondente a un progetto architettonico particolare, evidenziato con la retro-illuminazione.
Sorta di light box, dunque, che in un certo senso riscaldano le pieghe, con l’effetto di creare per reminiscenza la suggestione di sottrazione della materia. Disegni di luce, in cui la retro-illuminazione enfatizza la scaturigine emotiva piuttosto che razionale. Non la rappresentazione di freddi progetti architettonici, dunque. Proprio perché le stesse domande alla base del lavoro di Barbara DePonti sono relative a un sentimento di appartenenza, poste con una voluta “ingenuità”. Non documentazione per addetti ai lavori, bensì
familiarità semplice della forma.
In relazione dunque agli esiti di questa indagine estetica – ma anche molto vicina all’impianto sociologico -, i lavori di Barbara DePonti si presentano negli spazi espositivi della Galleria Ciocca secondo un preciso ordinamento, con la ristrutturazione della
Scala di
Mario Botta, l’intervento di
Vittorio Gregotti dietro la
Bicocca, il
Piccolo Teatro di
Marco Zanuso, l’intervento in Piazza Cadorna di
Gae Aulenti, lo
Stadio Meazza di
Ulisse Stacchini e così via, seguendo il criterio estetico non della riconoscibilità necessaria e immediata dei progetti architettonici agli occhi dell’osservatore “ingenuo”, ma piuttosto il “metodo” dell’evocazione del concetto di
familiarità della forma.
Una mostra “difficile” ma ordinata limpidamente, lasciando pulite parti delle pareti, a evitare l’effetto “quadreria”. Con una bella mappa stellare del tessuto architettonico della città sul soffitto, come un planetario, sorta di volta
terrestre. Per imparare a osservare la città con uno sguardo diverso, “ingenuo”, “emotivo” e al contempo esteticamente ficcante.