Sei dipinti di cenere (
ash painting) compongono un sinuoso percorso in chiaroscuro. Un cammino misterico che, attraverso una cultura millenaria, conduce all’osservazione del contemporaneo.
Zhang Huan (An Yang, 1965; vive a Shanghai e New York) – performer, scultore e pittore cinese conosciuto in tutto il mondo per alcune performance pubbliche decisamente crude e per la complessità della sua ricerca – presenta al Project B una serie di lavori inediti.
Tra presente e memoria lontanissima, tra Oriente e Occidente, tra critica e sogno, tra incubo e poesia, Huan si sofferma su temi complessi, partendo sempre da una profonda esperienza personale, così come egli stesso specifica nell’intervista a corredo della mostra, a cura di Elena Geuna.
Dipinti come riflessioni e interrogativi che mai cessano d’indagare “l’uomo”, l’intera vicenda umana che nel tempo e nella storia si consuma. L’universo della vita e il suo flusso incessante segnato da contraddizioni, ipocrisie, disuguaglianze, simboli, bandiere, teschi. Vita e morte. Immagini riprodotte senza tregua, immagini divenute icone riconoscibili e parti di un immaginario collettivo sempre più confuso e meno consapevole, in cui i confini tra vero e falso divengono promiscui.
Sei
ash painting, per la prima volta in Italia, in un percorso espositivo minimal, essenziale, a dare ampio respiro e maggior eco alla lirica visiva delle tele. Decisamente interessanti (e documentate in catalogo) le fasi di elaborazione della cenere recuperata dagli incensi devozionali e separata in base alle tonalitĂ , da quelle piĂą scure a quelle piĂą chiare. In tal senso, Zhang Huan ribadisce il suo forte legame con il tempio come luogo di memoria, di culto, di attese, di cultura.
Dunque, la cenere come elemento povero ma ricco di esperienze impalpabili. La cenere come materia privilegiata per dar forma alla memoria: si vedano i due dipinti
Felicity, in cui centro privilegiato è sempre un “teschio”, per Huan simbolo emblematico della “
trasmigrazione della vita”. Suggestivo dunque il collegamento con la dottrina buddista, secondo cui dopo la morte si attuerebbe il passaggio da una forma di esistenza a un’altra.
Sull’altra sponda di una ricerca artistica complessa e impegnata, le due tele
Chinese Flag e
American Flag, due bandiere, due mondi vicini e lontani, due mondi opposti e connessi che l’artista individua come simboli delle “
discrepanze tra individuo e governi”.
Emerge una forma di grande silenzio dai quadri. Quasi un percorso in meditazione attraverso tracce di una memoria profonda. Che va oltre, molto oltre i dipinti.