Dopo London Suspended e Upside Down, Marco Petrus (Rimini, 1960) torna a ritrarre le geometrie del paesaggio urbano. Riscopre edifici di Milano progettati dai più grandi architetti Italiani, dal Ventennio fascista agli anni del boom, e lo fa grazie alla pittura che -come sostiene Philippe Daverio- al contrario della fotografia “li restaura, riportandoli al loro teorico primo apparire”.
I palazzi dipinti da Petrus sembrano essere fuori dal tempo, ma contemporaneamente testimoniano le evoluzioni architettoniche e teoriche di un’epoca. Estrapolati dal contesto e stilizzati sono ridotti a geometrie pure come pretesto per un’analisi della forma. Le finestre sono cieche, come se gli edifici non fossero abitati e non fossero più “contenitori” di esseri umani, ma avessero vita propria. E le ambientazioni oniriche evocano reminiscenze classiche, in una astrazione metafisica che de Chirico stesso teorizzava.
Ad esempio nella tela che ritrae la Sede della Federazione dei Fasci Milanesi, progettata alla fine degli anni trenta da Portaluppi, Petrus astrae l’edificio dalle contaminazioni quotidiane del paesaggio urbano contemporaneo, per restituirci un’immagine essenziale, immersa in un’atmosfera irreale, sospesa.
La visuale non è quasi mai frontale, ma ribassata o soprelevata ed inclinata, dando profondità all’immagine, quasi come se potessimo ruotare con lo sguardo intorno ad un plastico.
Petrus dipinge l’essenza del razionalismo italiano e dello sperimentalismo degli anni ’50: dalle influenze di Le Corbusier e dell’international style di Van der Rohe nel grattacielo Pirelli agli altri progetti di Giò Ponti, tutti di respiro europeo come il palazzo Montecatini. Coglie anche soluzioni tipicamente italiane, come l’utilizzo di materiali ed elementi architettonici legati alla tradizione lombarda per la Torre Velasca di BBPR ed il gioco di vuoti e pieni della facciata di Casa Rustici di Terragni, che, ai tempi, riuscì a creare un effetto di trasparenze senza l’utilizzo di vetrate.
Il percorso è ideale e reale, perché recupera mezzo secolo di architettura sottovalutata o dimenticata attraverso l’interpretazione di un pittore che ha interpretato fin dagli anni ‘80 il fantasma architettonico della modernità. Gli edifici raffigurati nelle 34 tele (di Moretti, Muzio, Boito, Borgato, Latis, Asango e Vender, tra gli altri) testimoniano la commistione di neoclassicismo e razionalismo.
La Milano di Petrus “è la città ideale, la cui essenza immutabile” come scrive Alessandro Riva “è segnata dai piani orizzontali e verticali”. Dagli angoli dei palazzi novecenteschi, alle finestre allineate degli edifici degli anni ’30-’40, alle vie di fuga tracciate –come in una prospettiva rinascimentale- dai grattacieli di Terragni o Giò Ponti.
francesca ricci
mostra visitata il 7 ottobre 2004
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