Per
Marco Cingolani (Como, 1961) il desiderio di raccontare storie si associa ancora una volta alla passione per la pittura, mezzo divenuto scopo nelle sue stesse intenzioni, e al colore che ne struttura fortemente le opere.
Finalmente a casa è infatti la cronaca per immagini della fondazione delle città e degli imperi, i cui protagonisti sono sottili figure dai tratti cangianti e dal forte portato evocativo, che si stagliano su superfici fluttuanti sature di colore. Una galleria di personaggi che, muovendosi sul sottile filo del paradosso e della follia, tentano di scrivere una nuova storia, che il pubblico può interpretare seguendo la sequenza delle scene liberamente giustapposte. Vagando attraverso le cronache per fermare le immagini che rappresentano i momenti più significativi della storia dell’uomo, l’artista dialoga con i protagonisti di una nuova società, che si distingue solo per aver inglobato in sé le caratteristiche migliori di quelle che l’hanno preceduta, seppur non differenziandosene significativamente.
L’architettura delle immagini non è più ricercata nel disegno, lasciato volutamente indefinito nelle linee e nelle forme, ma costruita attraverso ampie campiture di colore che creano una vivace cromia. Zolle di colore tra le quali si dipana una storia che prende il passato, con i suoi simboli e simulacri, come termine di paragone su cui basare le fondamenta di un mondo rinnovato negli intenti.
Il viaggio inizia con la creazione delle città di Roma, Gerusalemme e New York, per giungere alla storia più recente e alle sue problematiche urbanistiche. Emblematica è la
“risposta fantasiosa” di Cingolani alle velleità di cambiamento per il piano regolatore di Milano, in particolar modo per la zona della Stazione Centrale, espressa palesemente in
Real estate (torte in faccia agli architetti).
All’artista non interessa riflettere sulla pittura, ma veicolare ciò che essa può mostrare, attribuendole capacità di azione e adesione alla vita. Sostenendo di volere una pittura che possa parlare da sé, Cingolani fa della pittura stessa una dichiarazione poetica, in cui la complessità di riferimenti si unisce alla leggerezza evanescente dell’immagine, che
“nasce solamente attraverso la pittura, come se il quadro si fosse formato da solo”.
Quella di Cingolani diventa così una riflessione pittorica sul colore della grande storia dell’uomo, il cui desiderio di viaggiare lo ha portato su percorsi sconosciuti, contribuendo allo spostamento dei confini. Un ampliamento degli orizzonti da intendersi in senso non solo strettamente geografico e sottolineato anche da
Pinocchio eau de parfum. Si tratta di un profumo creato dallo stesso artista, prodotto in edizione numerata e firmata, che rievoca le fragranze delle spezie d’Oriente. Contenuto in una speciale ampolla e installato in modo ironico, è frutto di una scelta programmatica, che infonde negli spettatori un ulteriore dubbio sulla reale serietà e credibilità delle proposte partorite dalla sua fantasia.