Sterling Ruby (Bitburg, 1972; vive a Los Angeles) torna in Italia con due mostre che, di fatto, rappresentano le tappe di un trittico completato dalla mostra londinese
Spectrum Ripper presso la galleria Sprüth Magers.
Come già in precedenti lavori l’artista tedesco continua coerentemente il proprio percorso artistico destreggiandosi tra diversi media, per ribadire i suoi temi e le sue ossessioni. In particolare, in alcune delle opere pensate per l’occasione negli spazi di Milano e Bergamo, Ruby sembra voler mettere sotto processo il minimalismo e il razionalismo, non soltanto come corrente architettonica e artistica, ma soprattutto per le implicazioni sociali e coercitive implicite in alcune sue forme e nel pensiero che le ha determinate.
Le sculture in formica che s’incontrano nella galleria milanese e che sovrastano il visitatore, se da un lato fanno pensare a scampoli di
Adolf Loos o ai volumi puri di
Donald Judd, appaiono qui concettualmente stravolti. Il tipo di “pittura” applicata da Sterling Ruby con la vernice spray, utilizzata in modo da far collidere simbolicamente il gesto aggressivo del writing con quello liberatorio dell’action painting e, più in generale, dell’espressionismo astratto, determina un pattern cromatico e compositivo radicalmente opposto alle rigide geometrie, decostruendole nella loro più intima natura e, al tempo stesso, trasformandole in qualcosa di completamente inedito e persino scioccante.
La retorica purista e “zen” da una parte, l’omaggio alla “griglia” (basti pensare che il Centre Pompidou dedica una sala intera a questo particolare topos dell’arte moderna) dall’altra vengono così “squartate” dall’artista che, utilizzando con grande efficacia tecniche e materiali semplicissimi, sedimenta nei suoi lavori una numero incredibile di spunti e considerazioni che parlano di controllo, potere, crisi e desiderio, e che ancora una volta hanno la capacità di rovesciare le forme artistiche consolidate dalla storia per riflettere brani e problematiche fondamentali del presente. Senza però manifestarli letteralmente, piuttosto delegando tali riflessioni alle qualità formali degli artefatti, che l’artista realizza adoperando un’incredibile capacità di sintesi e continuità con la tradizione dell’arte occidentale.
Le tracce del disagio sociale che Ruby manifesta nelle sue opere si deposita sulla pelle delle grandi strutture di formica dove, oltre alle tracce dello spray, si possono notare incisioni e scritte che appaiono come tatuaggi o graffiti che registrano le molteplici tensioni e, ancora una volta, rimarcano la caratteristiche architettoniche delle sculture.
Oltre alle nuove pitture, l’installazione pensata per gli spazi della Gamec continua quest’impresa volta a sabotare fisicamente e concettualmente le geometrie e le forme pure: se da Emi Fontana lo spazio viene re-inventato dall’intervento di Ruby, qui addirittura sembra esser compromesso dai parallelepipedi che si sistemano minacciosamente nello spazio, come se la “griglia” razionalista si fosse sgretolata sotto il peso dei contrasti e dei fallimenti filosofici e sociali del nostro tempo.