City-portrait, skyline e paesaggi urbani: l’opera di Andrea Garuti (Firenze, 1965) è fatta di composizioni fotografiche in grande formato, rigorosamente a colori. Struttura formale, sezioni di forme urbane, poesia visiva di ritratti metropolitani, banchi ottici e lastre fotografiche. E sono Mosca, Parigi, Barcellona, Tokyo, Shangai, Hong Kong e l’Havana, le interpreti dell’ottica dell’artista, prime donne messe in posa e colte nel proprio gesto. La fotografia di Garuti, infatti, non interrompe realmente il flusso temporale, piuttosto vi si pone in mezzo, scivolando insieme alle realtà urbane che rappresenta: è un’immagine “ferma in movimento”, una composizione fotografica dinamica, diacronica (dal greco, attraverso il tempo), e insieme iconografica, una finestra contratta sul mondo attuale, sui suoi flussi, i suoi luoghi e il suo tempo vissuto.
Il progetto fotografico di Garuti (in fieri, dai tempi dell’università) si specifica in una topografia globale dell’immagine, e si dispone alla ricerca formale di una prospettiva unica e personale, sui luoghi della contemporaneità. Qualcosa in più della semplice fotografia d’architettura, il lavoro di Garuti indaga la struttura profonda delle moderne metropoli globali, strutturando la propria forma in architetture dell’immagine, intervenendo sul supporto stesso, digitalizzando e componendo in collage fotografici le lastre impressionate dalle metropoli di mezzo mondo.
Il risultato è un ritratto prospettico della città come concetto, un city-portrait d’impatto visuale ed emotivo, uno scorcio e una veduta urbana orizzontale e geometrica, resa dinamica dalla tecnica unica del fotografo fiorentino, una combinazione di forme che paiono scivolare sul supporto stesso, sfasando e alterando lo sguardo che su di esse si posa.
L’orizzonte di veduta è ampio e accogliente, saturo di dettagli, stasi e movimento, sfocature e forme nitide, strutture e persone che tra queste si muovono: la città di Garuti è un’idea, e la sua sagoma mossa continua a vivere sulla superficie della sua immagine.
fabio petronilli
mostra visitata il 4 luglio 2007
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