Mimmo Scognamiglio inaugura un nuovo spazio espositivo a Milano e sceglie lo scultore Antony Gormley (Londra, 1950) per trasformare questo ampio open space in un suggestivo luogo d’immaginazione. Per l’artista, infatti, “la scultura deve essere immobile, deve essere silenziosa, ma deve usare il silenzio e l’immobilità in maniera positiva. In questo mondo estremamente mobile dove tutto è visivo mi auguro sia possibile trasmettere questo processo, che la scultura sia come un fossile industriale, che porti con sé la memoria dell’esperienza umana”. Gormley, quindi, usa lo spazio architettonico come una cassa di risonanza in grado di amplificare l’esperienza dello spettatore che, dialogando con i lavori selezionati per Spacetime, si confronta con cinque sculture e con altrettanti disegni che ne ripercorrono le linee e le forme.
Il corpo di Gormley è, come sempre, alla base anche di queste opere che, nelle intenzioni dell’artista, devono mostrare tutto il procedimento di lavorazione in modo che, non volendo nascondere nessuna traccia delle varie fasi di creazione, la nascita della superficie della scultura possa parlare non solo delle sue origini, ma anche del processo industriale della propria realizzazione. Se la sagoma dell’artista, usata come matrice per il calco impiegato poi per la produzione del modello finale in acciaio, in Shift V assume la forma di un insieme di tetraedri, in Feeling material VII risulta una massa ingarbugliata, mentre in Precipitate VIII e in Senza Titolo-1 si ricompone attraverso l’incastro di numerosi poliedri di dimensioni variabili. Fino ad assumere le sembianze di una geometrica griglia metallica in Slip II.
Il materiale usato e la posizione dei corpi, sia tra loro sia rispetto allo spazio, sono tutti elementi che evidenziano il rapporto inscindibile che ogni essere umano ha con la materia. Un’appartenenza che, come ha sostenuto l’artista stesso, “sottolinea come il nostro corpo sia un prestito temporaneo della massa della materia che costituisce il pianeta e alla quale, in un certo senso, noi diamo forma”. Le sculture di Gormley, quindi, trascendono la realtà fenomenica, nonostante conservino un carattere di familiarità, catalizzando lo spazio che le ospita e trasformandolo in un luogo immaginario. Il tempo rimane sospeso mentre l’artista, il cui corpo inizialmente inerte si è trasformato in un concentrato di energia, da calco-matrice diviene simbolo-spazio. A questo proposito Gormley ha dichiarato: “Il mio lavoro è trasformare corpi in recipienti che contengano e occupino spazio. Il mio lavoro è trasformare un essere umano in spazio nello spazio”. Il suo corpo, pertanto, non è più solo soggetto, strumento e materiale delle sue sculture o monumento immobile che occupa empaticamente un luogo, ma spazio inedito in cui e per cui domandarsi “chi sono io nello spazio?”.
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... veramente bel concetto!
forse pecca di pensiero ... ma è adeguatamente accettabile .
Pubblicità matematica :
se una calamita si addizione con un' altra perdendo il campo magnetico per risultare 0, se le si considera come moltiplicazione naturalmente come capo sarà zero e chi cacchi ha fatto le regole odierne che danno meno uno se non c'è comunque campo! un religioso o monarchico statale per misurare l' obbedienza degli schiavetti liberi professionisti , ora che trattano male tali rimembriamo che l' Antonietta delle brioche perse la testa !?
...mister tamburrino non abbiam voglia di scherzare, togliti la maglia che i tempi stanno per cambiare...