“Il gioco è bello quando dura poco”: quante volte da bambini ce lo siamo sentiti ripetere? Questa volta, al ritorno in Italia con una personale dopo la partecipazione al Padiglione della Serbia-Montenegro alla Biennale del 2005, l’ammonimento tocca a
Jelena Tomašević (Podgorica, 1974). Che, sfidando la saggezza popolare, fa dello scherzo il protagonista dell’opera site specific sulla quale si basa la sua mostra milanese. Oltre la pittura, oltre l’installazione, l’artista montenegrina cerca di coinvolgere lo spettatore in un’esperienza sinestetica e straniante. La musica in sottofondo, il movimento rotatorio che destabilizza la fruizione dell’immagine e la neve di polistirolo che impedisce di avvicinarsi alle opere giocano con la forma classica di godimento dell’opera d’arte, beffandola e stravolgendola.
Il tratto infantile, i colori accesi, tanto bianco e tanto nero, danno vita a disegni naif. Ma le burle della giovane pittrice non sono poi così innocenti. Con eco a tratti fortemente lynchiani, i sollazzi messi in scena sono in realtà incubi scintillanti, candide paure, simboli dell’inquietudine e dell’incertezza, rappresentati con uno stile da scuola elementare: contorni neri, cromatismi piatti che ricordano grandi campiture a pennarello, disegni volutamente acerbi e incerti, particolari naïf.
Un phon che soffia allarmante e caldo sopra una donna immersa nella vasca da bagno; formiche fuori scala che circondano un’automobile e un’improbabile abitazione, eterea e trasparente, con il comignolo fumante; strane presenze elettriche che aleggiano su architetture che oscillano tra il modernismo e le scenografie dei film espressionisti tedeschi degli anni ’20; personaggi abbozzati. È un fanciullino contemporaneo quello che soggiace alla poetica di questa nuova pittura, infantile e disillusa, dal tratto semplice e dall’allestimento complesso.
Eppure qualcosa manca. Tutto l’impianto allestitivo sembra creato per sopperire a una carenza, per generare spettacolo laddove la “sostanza” latita. La ricerca della distrazione dello spettatore appare pretestuosa; dietro a tutto questo, la percezione che resta è quella di un “vuoto di senso e senso di vuoto”, per citare Battiato.
Non convince appieno, la mostra di Tomašević. La sfida alla saggezza popolare non la vede vincitrice. Del resto, un altro proverbio insegna: “Degli scherzi farai come del sale, un uso moderato e prudenziale”.