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01
febbraio 2010
fino al 13.II.2010 Manuela Cirino Milano, Rossana Ciocca
milano
Racconti di ceramica. Sculture, miniature e “prospettive interrotte” fanno emergere dalla materia l'idea oscura della cosalità. Dimensione buia che rende manifesto e che, allo stesso tempo, nasconde i limiti del linguaggio...
di Ginevra Bria
Alcuni artisti, specialmente italiani, lavorano impostando
l’impianto formale dei loro progetti sulla categoria dell’azione. Supporti video, performance
ricorsive e sculture temporizzate rendono la loro dichiarazione di poetica un
discorso di moto e cambiamento; non-dialoghi sulla bellezza. Altri gruppi di
artisti, invece, sviluppano una sintassi propria, seguendo la categoria della
situazione; particolare habitat creativo che permette loro di lavorare con un
“io” impartecipe e,
nei limiti del possibile, con un sé oggettivo.
Altri artisti ancora, più silenziosi rispetto ai primi due
esempi, si permettono di descrivere la condizione umana come una piattaforma
privilegiata. Luogo che, in assenza di categorie, tende all’unico mezzo
espressivo utile a trascendere l’oggetto e la sua accezione implicita di cosa. Questi ultimi sono gli autori
che più di tutti hanno accesso (e pratica) alla cosiddetta “formula della rivelazione”.
“Guardo le cose. Mute. / Non sottoposte agli stessi
giudizi. / Una pietra non è né buona né cattiva. / Ma anche noi siamo un po’
pietra. Stessi minerali, stessa materia. Sordi a volte come la pietra. / Guardo
gli animali, le piante. Anche noi, un po’ come loro. / Raccontiamo il nostro
bene e il nostro male, ma in più abbiamo una pena”. Con questa dichiarazione d’intenti,
Manuela Cirino
(Milano, 1962; vive a Novara) introduce Il
catalogo delle cose. Titolo non solo della sua seconda personale milanese, ma
anche dell’opera più estesa dalla quale prende il via l’intera mostra.
È bene sottolineare che
l’installazione è il corpo centrale, perché le sue dimensioni controllano le
direttive di un lungo percorso scultoreo, omogeneo; un sentiero composto da
diversi nuclei indipendenti, allestiti però su un asse che li mantiene in
sequenza diretta.
Nella ceramica scura,
intervallata da inserti geometrici bianchi, Cirino crea la propria diagnostica
formale, intrappolando nella materia tridimensionalizzata le suggestioni che
l’artista coglie dal mondo letterario. Ogni racconto diventa un dispositivo
analitico, utile a indagare il rapporto fra l’impatto spaziale della plasticità
e la sua propensione a trasporsi nel tempo.
Tutte le opere esposte
costituiscono diverse declinazioni, differenti proposte legate da un unico
scopo: quello di traslitterare il linguaggio della scultura in un dopo. Come
punto d’incontro fra spazialità e temporalità, Cirino indaga l’insieme di tutti
e soli i punti del piano estetico che hanno in comune una determinata
proprietà.
In questo modo nasce Vi
racconto, pluri-scultura mediatrice fra lo spettatore e i piccoli
universi narrativi che s’inseriscono attivamente nello spazio. Il risultato è
un arcipelago di isole che ruotano intorno al loro asse come mondi in
riproduzione scalare, rappresentazioni simultanee del medesimo attimo,
osservato da due differenti prospettive.
l’impianto formale dei loro progetti sulla categoria dell’azione. Supporti video, performance
ricorsive e sculture temporizzate rendono la loro dichiarazione di poetica un
discorso di moto e cambiamento; non-dialoghi sulla bellezza. Altri gruppi di
artisti, invece, sviluppano una sintassi propria, seguendo la categoria della
situazione; particolare habitat creativo che permette loro di lavorare con un
“io” impartecipe e,
nei limiti del possibile, con un sé oggettivo.
Altri artisti ancora, più silenziosi rispetto ai primi due
esempi, si permettono di descrivere la condizione umana come una piattaforma
privilegiata. Luogo che, in assenza di categorie, tende all’unico mezzo
espressivo utile a trascendere l’oggetto e la sua accezione implicita di cosa. Questi ultimi sono gli autori
che più di tutti hanno accesso (e pratica) alla cosiddetta “formula della rivelazione”.
“Guardo le cose. Mute. / Non sottoposte agli stessi
giudizi. / Una pietra non è né buona né cattiva. / Ma anche noi siamo un po’
pietra. Stessi minerali, stessa materia. Sordi a volte come la pietra. / Guardo
gli animali, le piante. Anche noi, un po’ come loro. / Raccontiamo il nostro
bene e il nostro male, ma in più abbiamo una pena”. Con questa dichiarazione d’intenti,
Manuela Cirino
(Milano, 1962; vive a Novara) introduce Il
catalogo delle cose. Titolo non solo della sua seconda personale milanese, ma
anche dell’opera più estesa dalla quale prende il via l’intera mostra.
È bene sottolineare che
l’installazione è il corpo centrale, perché le sue dimensioni controllano le
direttive di un lungo percorso scultoreo, omogeneo; un sentiero composto da
diversi nuclei indipendenti, allestiti però su un asse che li mantiene in
sequenza diretta.
Nella ceramica scura,
intervallata da inserti geometrici bianchi, Cirino crea la propria diagnostica
formale, intrappolando nella materia tridimensionalizzata le suggestioni che
l’artista coglie dal mondo letterario. Ogni racconto diventa un dispositivo
analitico, utile a indagare il rapporto fra l’impatto spaziale della plasticità
e la sua propensione a trasporsi nel tempo.
Tutte le opere esposte
costituiscono diverse declinazioni, differenti proposte legate da un unico
scopo: quello di traslitterare il linguaggio della scultura in un dopo. Come
punto d’incontro fra spazialità e temporalità, Cirino indaga l’insieme di tutti
e soli i punti del piano estetico che hanno in comune una determinata
proprietà.
In questo modo nasce Vi
racconto, pluri-scultura mediatrice fra lo spettatore e i piccoli
universi narrativi che s’inseriscono attivamente nello spazio. Il risultato è
un arcipelago di isole che ruotano intorno al loro asse come mondi in
riproduzione scalare, rappresentazioni simultanee del medesimo attimo,
osservato da due differenti prospettive.
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Ciocca Arte Contemporanea
Via Lecco, 15 (zona Porta Venezia) – 20124 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 14-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0229530826; fax +39 0220421206; gallery@rossanaciocca.it; www.rossanaciocca.it
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